1 Dicembre 2021

Sfruttamento lavorativo, a Prato 59 procedimenti aperti e 14 condanne

Nel 2016 la legge ha modificato la disciplina del caporalato. Il punto sulle indagini nel distretto delle confezioni cinesi


I procedimenti penali aperti per il reato di sfruttamento lavorativo a Prato, dal 2017 al 2020 sono stati 59. Di questi, 27 sono stati archiviati, mentre 14 sono già stati definiti con sentenze e condanne. In 7 casi sono scattate anche misure cautelari personali e sequestri preventivi dei beni finalizzati alla confisca.
I dati sono stati forniti dalla Procura di Prato in occasione del rinnovo del protocollo d’intesa con Comune, Regione, Sistema Antitratta Satis, Centro di ricerca Interuniversitario L’Altro Diritto, Cgil, Cisl e Uil.
I numeri emersi dai procedimenti giudiziari – hanno sottolineato il procuratore Giuseppe Nicolosi e il sostituto Lorenzo Gestri, coordinatore del pool di magistrati antisfruttamento – rappresentano la punta dell’iceberg del fenomeno, in una terra, Prato, in cui, nel comparto delle confezioni tessili sono presenti entrambi i fattori di rischio: basso livello di specializzazione e presenza di una manodopera straniera strutturalmente in condizioni di bisogno (non foss’altro che per l’esigenza di rinnovare i permessi di soggiorno, 34.000 quelli gestiti dalla Questura di Prato nel 2018).


La legge del 2016 che ha riformulato la disciplina sul caporalato introducendo il reato di sfruttamento lavorativo ha fornito strumenti fondamentali per aggredire il fenomeno per via giudiziaria: “Oggi parliamo di questo fenomeno a Prato perchè c’è questa legge: prima non ne potevamo parlare” ha detto il sostituto procuratore Lorenzo Gestri (nella foto sopra), ma occorrono indagini puntuali per acquisire le prove e dimostrare gli indici di sfruttamento e lo stato di bisogno in cui versano gli operai sfruttati, i quali spesso sono stretti da un patto di “reciproca convenienza” con i loro datori di lavoro e non intendono denunciare. “Quasi sempre occorre fare un’indagine nell’indagine, per accertare chi sia il reale datore di lavoro, in una realtà caratterizzata dal ricorso generalizzato ai prestanome. Poi dobbiamo accertare quali sono l’organizzazione del lavoro, la divergenza tra le condizioni effettive e quelle legali, fare accessi in loco ed è un compito per niente semplice perchè nessuno collabora. Le retribuzioni sono quasi sempre a nero e quando riusciamo a stimarle vediamo che siamo al di sotto di un terzo delle paghe previste dai contratti. Spesso gli operai cinesi sono pagati a cottimo, non hanno diritto a riposo, ferie o malattia e lavorano in ambienti insicuri. Non denunciano – e questo riguarda anche lavoratori di altra nazionalità – perchè temono di perdere quel poco che hanno, perchè sono irregolari, perchè devono ripagare il debito per l’ingresso in Italia, perchè non conoscono i propri diritti o perchè magari hanno vissuto esperienze pregresse di sfruttamento e di abuso ancora peggiori, prima di arrivare nel nostro Paese”.

Il protocollo rinnovato a Prato, così come l’azione dello sportello antitratta – tramite percorsi di tutela legale e reinserimento socio-lavorativo – cerca di dare risposte tese ad incentivare le denunce e l’assistenza alle vittime di sfruttamento.

Nel suo intervento, il procuratore Giuseppe Nicolosi ha sottolineato ciò che ancora manca, per dare una risposta più incisiva al fenomeno: “A questo tavolo non troviamo un convitato di pietra. Noi riusciamo a vedere questo fenomeno soltanto da una parte e con difficoltà enormi: dal basso, attraverso il lavoratore sfruttato che è renitente a collaborare, ma c’è una parte datoriale che potrebbe essere coinvolta e monitorata, anche attraverso le associazioni, per realizzare una sorta di controllo sociale. Sarà la politica a sensibilizzare su questo aspetto, altrimenti saremo costretti ad affrontare il fenomeno soltanto dal basso. Il secondo aspetto fondamentale è il coinvolgimento dello Stato, per gli aspetti di competenza degli uffici centrali. Per nostra parte, Prato sarà il primo ufficio giudiziario a siglare un protocollo con l’Ispettorato del Lavoro per migliorare i flussi informativi generati dalle notizie di reato. Alla Procura di Prato abbiamo un gruppo di magistrati che lavorano quasi esclusivamente su questi temi ed è un impegno importante per un ufficio medio-piccolo come il nostro. Ci vuole ottimismo ed una quota di velleità senza la quale dovremmo cambiare lavoro” ha concluso il procuratore Nicolosi.

Dario Zona