La strada verso un congresso unitario si fa sempre più in salita per il Partito Democratico pratese. La candidatura di Marco Biagioni, consigliere comunale ed ex segretario dei Giovani Democratici, e soprattutto le modalità con cui è stata presentata non convincono un gruppo di 21 tesserati, amministratori e dirigenti del Pd che hanno realizzato un documento “per un Pd aperto, unito e riformista”.
“L’avversario da combattere è fuori e non dentro il partito: la sfida è quella di non lasciare spazio alle forze politiche sovraniste e antieuropeiste – scrivono Antonio Facchi, Paola Tassi, Gianluca Coppini, Mariagrazia Ciambellotti, Serena Tropepe, Gianni Esposito, Sandro Lascialfari, Simone Faggi, Federica Palanghi, Antonella Baiano, Marco Bellan, Paola Vettori, Luca Roti, Giannetto Fanelli, Endrio Corrado, Fabio Razzi, Francesca Martincich, Franco Falci, Filadelfo Spinella, Antonio Napolitano, Silvia Micheli -. Vorremmo parlare di progetti, delle sfide che attendono Prato e i Comuni della provincia e che non possono essere risolte solo con le nostre forze ma che richiedono una sinergia fra istituzioni locali, nazionali ed europee. Come la tutela dei diritti dei lavoratori e delle imprese che rispettano le regole, le infrastrutture per la mobilità, una ritrovata territorialità dei servizi pubblici locali, la pianificazione urbanistica della città che verrà. E di tutto quello che potrà succedere con lo sblocco dei licenziamenti nel settore moda e delle opportunità che dovremo saper cogliere con i fondi del Pnrr. Il prossimo congresso è il luogo naturale per farlo: pensiamo che sia necessario partire dalle idee e non dai nomi. Crediamo che sia prioritario e necessario lavorare per l’unità del partito confrontandoci sulle sfide che si pongono alle forze riformiste, progressiste, ambientaliste ed europeiste”.
Poi nel documento arriva la critica alla candidatura di Biagioni, che non viene però mai nominato direttamente. “Apprendiamo, invece, dai giornali, di proposte che partono dai nomi, che reclamano discontinuità con l’azione del nostro partito negli ultimi anni come se non dovessimo rivendicare ma interrompere le politiche messe in campo fino a oggi, che consentono a Prato di essere ai vertici delle recentissime classifiche del buon vivere e del buon governo in Italia – prosegue il documento -. Una discontinuità che non si a comprende su quali temi debba misurarsi, quali siano le distanze ideologiche e politiche che portino a una contrapposizione, quali siano le così radicali differenze ora in un programma congressuale rispetto ai programmi elettorali già elaborati dal nostro Partito Democratico nel 2014 e, di nuovo, nel 2019, quali valori siano in discussione”.
I firmatari individuano anche un pericolo per il futuro. “Il rischio che vediamo è quello di dare un messaggio sbagliato non sono alle iscritte ed agli iscritti del Pd ma all’intera comunità, dove nessun risultato elettorale è ormai più scontato e dove le divisioni del campo progressista e riformista sono benzina del populismo di destra – sottolineano -. L’altro rischio che vediamo, strettamente connesso, è quello di rompere un valore assoluto per un partito come il nostro: l’unità alla quale abbiamo tanto lavorato in questi anni, anche sulla spinta del nostro popolo. Tutto ciò sarebbe incomprensibile e irresponsabile soprattutto in previsione dei futuri appuntamenti elettorali, e apparirebbe come una mera questione personale, non politica”.
Infine la conclusione: “Se vogliamo costruire un Pd ancora più aperto e inclusivo di quanto non sia già oggi, allora dobbiamo essere capaci di parlare a mondi diversi: non dobbiamo porci il problema di coloro a cui dobbiamo parlare ma di come riuscire a parlare a tutti! – termina il documento -. Solo insieme avremo la forza e la credibilità per farlo. Se in passato abbiamo vinto è merito di tutti. Se vogliamo vincere ancora in futuro allora dobbiamo evitare l’autoreferenzialità, bensì essere sempre più il perno di nuove alleanze. Alleanze che saranno forti e credibili solo se lo sarà il Partito Democratico che tutti noi vogliamo protagonista del dibattito politico e amministrativo. Portare a sintesi le diverse sensibilità è, dunque, un dovere morale prima ancora che politico per ciascuno di noi, ma è un esercizio che si può tranquillamente portare a compimento se lo si vuole”.