L’opera artistica “Shy” installata in piazza Duomo saluta Prato FOTO
Domani, giovedì 5 agosto, l’opera “Shy” di Antony Gormley lascia Prato e l’Italia e torna nella collezione privata di cui fa parte. Collocata nel dicembre 2020 in piazza Duomo, l’opera è stata al centro di una serie di attività di comunicazione e promozione della città e delle tematiche legate a “Le città del futuro” che si sono svolte in questi mesi. “Le attività di comunicazione legate alla presenza di “Shy” – si legge in una nota – hanno consentito a Prato di essere citata in articoli e fotoservizi sulle più importanti riviste di cultura, arte e viaggi italiane e di avere una visibilità sui profili social di migliaia di persone”.
La presenza di “Shy” ha animato il ciclo di incontri “Le città del futuro” – Arte, Tecnologia, Responsabilità Sociale, Circolarità, Forestazione, Ruralizzazione, Rigenerazione Urbana. Promossi dal Comune di Prato, in coordinamento con la Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana e con l’Associazione “Arte Continua”, in collaborazione con Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Prato, “Le città del futuro” sono stati dialoghi fra artisti della comunità internazionale con amministratori pubblici, imprenditori, economisti, urbanisti, direttori di istituzioni culturali e altri autorevoli protagonisti del nostro tempo. Una serie di incontri, per capire quale ruolo può avere l’arte contemporanea nel porsi come occasione di stimolo e, al tempo stesso, come strumento, per dare sostanza ad un idea di città del futuro. Al ciclo di incontri, inaugurato a gennaio con l’artista Loris Cecchini, hanno poi partecipato gli artisti Maria Thereza Alves, Tomas Saraceno, David Tremlett, Daniel Buren, Tobias Rehberger, Hans Op de Beeck.
Realizzata con 3600 kg di ghisa, e alta 4 metri, “Shy” ha portato in piazza Duomo i materiali e i metodi della rivoluzione industriale. L’artista ha utilizzato la dimensione per attivare lo spazio e invitare chi ne è partecipe a prendere coscienza della propria posizione, costantemente in movimento nello spazio e nel tempo. Sfruttando una struttura architettonica semplice, “Shy” ha voluto evocare la timidezza nella sua stessa esposizione.