Tre imprenditori residenti nel pratese sono finiti agli arresti domiciliari, in esecuzione di una misura di custodia cautelare eseguita oggi, nell’ambito di un’inchiesta della Guardia di Finanza e della Procura di Firenze per tentata truffa ai danni della Stato per un valore di circa 15 milioni di euro. Indagati anche quattro professionisti: uno dei quali, un notaio della provincia di Firenze, è stato interdetto dalla professione per un anno, mentre gli altri tre sono stati sottoposti all’obbligo di dimora nel comune di residenza e all’obbligo di firma. Le indagini sono relative al fallimento di sette società cooperative di facchinaggio e trasporto, che avevano maturato debiti erariali per quasi 30 milioni di euro e dalle cui casse erano fuoriusciti circa 2,3 milioni di euro.
Tutto è partito dalla denuncia per una presunta estorsione attutata ai danni di un notaio della provincia di Firenze dall’amministratore di una delle società cooperative. A seguito delle dichiarazioni rese dal denunciato, i preliminari accertamenti hanno fatto emergere un potenziale quadro di un articolato sistema di frode con il coinvolgimento dei tre imprenditori pratesi, i quali avrebbero di fatto rilevato nel tempo alcune società cooperative avvalendosi della collaborazione professionale del notaio e di altri tre professionisti, di cui due situati fuori regione. Intestate a prestanome e di fatto non più operanti, attraverso false dichiarazioni IVA, le società cooperative avevano maturato crediti rilevati come inesistenti per 15 milioni di euro, richiesti a rimborso all’Agenzia delle Entrate e ceduti ad una società milanese operante in un settore differente da quello delle cooperative, per una contropartita di circa 2,3 milioni di euro.
Sono una ventina gli episodi di reato riconducibili alla bancarotta fraudolenta documentale e per distrazione nonché alla tentata truffa ai danni dello Stato. Le società cooperative ricondotte ai tre imprenditori pratesi sono state dichiarate fallite dal Tribunale di Firenze nel 2020; erano esposte con un debito di circa 30 milioni di euro e con 2,3 milioni di euro distratti dalle casse. Le indagini hanno consentito di bloccare le richieste di rimborso dei 15 milioni di euro, in piena tutela degli interessi erariali.