Era il 2018 quando al Museo del Tessuto venne proposto di acquisire un misterioso baule contenente materiale eterogeneo proveniente dal guardaroba del soprano pratese Iva Pacetti. Gli studi condotti dalla conservatrice del Museo, Daniela Degl’Innocenti, hanno permesso di riconoscere in due costumi e in due gioielli di scena quelli disegnati e realizzati dal costumista del Teatro alla Scala Luigi Sapelli (in arte Caramba) per la prima assoluta dell’opera e indossati da Rosa Raisa, il primo soprano della storia a interpretare il ruolo della ‘Principessa di gelo’. La mostra “Turandot e l’Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba”, allestita nelle sale del Museo del Tessuto dal 22 maggio al 21 novembre è il frutto di un lungo e accurato lavoro di ricerca compiuto dal Museo sullo straordinario ritrovamento di un nucleo di costumi e gioielli di scena risalenti alla prima assoluta della Turandot di Puccini e provenienti dal guardaroba privato del grande soprano pratese Iva Pacetti.
Un’esposizione inedita, suggestiva, multidisciplinare e di ampio respiro, che nasce grazie alla collaborazione di enti e istituzioni pubblici e privati italiani di grande prestigio che a vario titolo hanno contribuito a questo ambizioso progetto: ricostruire le vicende che hanno portato il grande compositore toscano Giacomo Puccini a scegliere Galileo Chini per la realizzazione delle scenografie per la Turandot, andata in scena per la prima volta al Teatro alla Scala il 25 aprile 1926, diretta da Arturo Toscanini.
Co-organizzatore della mostra è il Sistema Museale dell’Ateneo fiorentino nel cui Museo di Antropologia e Etnologia è conservata una collezione di oltre 600 cimeli orientali, riportati da Galileo Chini – grande interprete del Liberty italiano – al rientro dal suo viaggio in Siam nel 1913 e da lui personalmente donati nel 1950 al Museo fiorentino. A questi si aggiunga anche il contributo degli enti prestatori: l’Archivio Storico Ricordi, il Museo Teatrale alla Scala e l’Archivio Storico Documentale Teatro alla Scala, le Gallerie degli Uffizi – Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, la Fondazione Giacomo Puccini di Lucca, la sartoria Devalle di Torino, l’Archivio Corbella di Milano, la Società Belle Arti di Viareggio e numerosi prestatori privati.
La mostra è ha ricevuto il sostegno del Socio Fondatore Comune di Prato, di Estra spa, della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, di Saperi Srl, della Regione Toscana, di Intesa Sanpaolo, del Museo del Tessuto Supporter Club, di B&B Hotels, del movimento Life Beyond Tourism e il patrocinio di Fondazione Italia Cina e Fondazione Romualdo Del Bianco.
LA MOSTRA
Partendo dallo straordinario ritrovamento dei costumi all’interno del baule, la mostra ripercorre la genesi complessiva dell’opera e il sodalizio artistico tra il grande compositore Giacomo Puccini e l’artista e amico Galileo Chini, voluto fortemente dal Maestro per la realizzazione delle scenografie. Puccini volle affidare l’atmosfera orientale di Turandot – ambientata all’interno del palazzo della Principessa cinese – ad un artista che l’Oriente l’avesse vissuto veramente e trovò in Galileo Chini, che aveva vissuto e lavorato in Siam (attuale Thailandia) per ben tre anni (1911-1913) per lavorare alla decorazione del Palazzo del Trono del Re Rama VI, l’interprete più adatto a costruire l’immagine scenica dell’opera.
Dal suo soggiorno orientale Chini tornò profondamente affascinato e con un bagaglio di centinaia di manufatti artistici di stile e produzione cinese, giapponese, siamese che influenzarono la sua produzione artistica anche dopo la permanenza in Siam e, all’interno di essa, successivamente, la genesi figurativa delle scenografie per l’opera Turandot.
La mostra e il catalogo sono dedicati a Guido Biancalani, per molti anni Presidente dell’Associazione Ex Allievi dell’Istituto Tullio Buzzi e Vicepresidente della Fondazione Museo del Tessuto. Guido fu tra i primi a credere fortemente in un grande progetto di mostra finalizzato a valorizzare i costumi ritrovati dal Museo del Tessuto, acquisiti anche grazie alla collaborazione sempre preziosa e attiva dell’Associazione.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
Il percorso espositivo della mostra – che occupa circa 1.000 metri quadri complessivi – si apre nella Sala dei Tessuti Antichi con una selezione di circa 120 oggetti della collezione Chini, proveniente dal Museo di Antropologia e Etnologia di Firenze. Come già ricordato, la collezione Chini venne donata dal Maestro al Museo nel 1950 e vi rimase esposta fino agli anni Settanta; in seguito, solo alcuni degli oggetti conservati sono stati visibili al pubblico. Questa mostra rappresenta dunque un’occasione per valorizzare una delle collezioni più preziose e interessanti del Sistema Museale dell’Ateneo fiorentino.
Il visitatore potrà ammirare tessuti, costumi e maschere teatrali, porcellane, strumenti musicali, sculture, armi e manufatti d’uso di produzione thailandese e cinese – suddivisi per ambiti tipologici all’interno di grandi teche espositive – che sono stati continua fonte di ispirazione per l’Artista e sono diventati soggetti di suoi numerosi dipinti.
L’esposizione prosegue al piano superiore con una sezione dedicata alle scenografie per la Turandot e al forte influsso che l’esperienza in Siam ebbe nell’evoluzione del percorso creativo e stilistico di Chini. Accanto a opere provenienti da collezioni private e a molti reperti inediti e curiosi – come una tradizionale piroga monoposto di legno in uso a quei tempi per solcare le acque del fiume Menam, per molti anni conservata nella casa al mare di Lido di Camaiore e utilizzata dallo stesso Chini sulle mare della Versilia – si cita a titolo di esempio la tela raffigurante La fede, parte del trittico La casa di Gothamo di proprietà della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Invece, la grande tela raffigurante la Festa dell’ultimo dell’anno a Bangkok, anch’essa appartenente alla Galleria, è oggetto di un’installazione multimediale che dialoga con una bellissima testa di dragone della Collezione Chini.
In questa sala sono esposti anche i cinque straordinari bozzetti finali delle scenografie della Turandot provenienti dall’Archivio Storico Ricordi di Milano e altre due versioni di proprietà privata.
Tra tutte si segnala Vasto piazzale della reggia dove viene ambientata una delle scene più famose della Turandot, quella dei tre enigmi. Chini rappresenta in tutto il suo sfarzo la reggia della principessa, appagando le aspettative del grande Maestro. Nella prima versione di questa scenografia sono ancora visibili i segni a matita che vanno a cancellare la parte superiore della scalinata. Sono fatti da Puccini che esclamò “Vedi Galileo, qui bisogna fare un trucco scenico perché se no… io la sfiato [il soprano], tu la risfiati, e quando arriva in fondo farà aahh!!!” (cit. catalogo della mostra).
La terza e ultima sala riunisce finalmente, dopo decenni di oblio, gli straordinari costumi della prima dell’opera. Infatti, accanto a quelli della protagonista di proprietà del Museo – su una grande pedana rialzata che la prima volta nella storia riunisce la straordinaria parata realizzata da Caramba nel 1926 – sono esposti anche 30 costumi straordinari provenienti dall’archivio della Sartoria Devalle di Torino, comprendenti i ruoli primari e comprimari – l’Imperatore, Calaf, Ping, Pong e Pang, il Mandarino – e i secondari – i Sacerdoti, le Ancelle, le Guardie, i personaggi del Popolo. Si tratta dei costumi originali realizzati per la stessa edizione dell’opera, anch’essi inizialmente scomparsi, ma poi rocambolescamente ricomparsi a metà degli anni Settanta ed entrati a far parte definitivamente di questo meraviglioso archivio storico privato.
In mostra anche alcuni bozzetti originali e pochoir dei costumi dell’opera del celebre illustratore Filippo Brunelleschi, artista inizialmente designato da Puccini, il manifesto originale della prima dell’opera e la riduzione per canto e piano editi da Casa Ricordi e illustrati con la celebre immagine di Turandot realizzata da Leopoldo Metlicovitz, a oggi una delle immagini più iconiche del melodramma italiano.
A Iva Pacetti, protagonista silenziosa della nostra mostra, il Museo ha dedicato una sezione espositiva multimediale a conclusione del percorso.