Un insegnante, risultato positivo al Covid, dopo 21 giorni di quarantena e asintomatico non può riprendere servizio, prima di avere i risultati di un tampone negativo. Ma nelle stesse condizioni un bambino deve tornare a scuola e non ha più diritto alla didattica a distanza. Sembra una situazione illogica eppure è così. E’ anche per questo che la mamma di un bambino delle elementari “Le Fonti” ha contattato la redazione di Tv Prato per spiegare il proprio caso.
Tutti e quattro i componenti della sua famiglia sono risultati positivi al Covid nei giorni di Pasqua. A distanza di diverse settimane, l’ultimo tampone a cui si sono sottoposti, lunedi scorso, ha dato esito di bassa carica virale per i genitori e per un figlio, ma ha confermato la positività del bambino che frequenta le scuole elementari alle Badie.
“Giovedi mattina – spiega la mamma dell’alunno – mi ha chiamato la Asl dicendomi che due giorni prima sono trascorsi i 21 giorni dalla prima positività e che quindi mio figlio con il certificato di fine quarantena dall’indomani avrebbe dovuto tornare a scuola. Ho interpellato anche il pediatra che mi ha confermato la cosa. In tutta coscienza, per tutelare gli altri compagni abbiamo deciso di non mandare il bambino a scuola, ma per mio figlio è stata interrotta la didattica a distanza e il preside è stato irremovibile, nonostante tutti i genitori degli altri bambini siano d’accordo con noi e nonostante altri dirigenti scolastici a Prato abbiano mantenuto la didattica a distanza per situazioni simili”.
Il dirigente scolastico delle Convenevole Marco Fedi conferma: “La signora non è un medico e dobbiamo attenerci alle disposizioni della Regione, in vigore dallo scorso 15 ottobre: se il bambino dopo 21 giorni di quarantena è asintomatico, vuol dire che non è più contagioso e può tornare in classe. Ma non lo dico io: lo decide la Asl con tanto di certificato”.
L’applicazione della Didattica a distanza, concessa da altri presidi?
“La Dad – risponde il professor Marco Fedi – è una prestazione in più degli insegnanti che noi dirigenti scolastici possiamo richiedere a fronte di sole due possibilità: bambini in quarantena o isolamento e bambini con particolari fragilità. Per altre casistiche la normativa nazionale non lo consente e dunque non posso chiedere di attivare la didattica a distanza ai lavoratori, altrimenti mi potrebbero anche scrivere dal sindacato. Se in altre scuole fanno in altro modo a me non interessa; sono tenuto a rispettare la legge”.
Quanto alle previsioni di legge difformi tra bambini (che devono tornare a scuola dopo 21 giorni di quarantena pur se ancora positivi) e insegnanti o altre tipologie di lavoratori (per i positivi a lungo termine, in questo caso, è riconfermata la necessità di un tampone negativo per il rientro al lavoro), il dirigente scolastico le spiega così: “E’ una differenza che non riguarda la questione della contagiosità, ma si può spiegare con il fatto che ad un lavoratore è richiesto uno sforzo maggiore che deve essere valutato alla luce delle mansioni, anche da parte del datore di lavoro e del medico competente”.
Dario Zona
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