E’ confermata per domani pomeriggio alle 16 la manifestazione organizzata dal Si Cobas per dare sostegno ai 18 lavoratori che da 45 giorni sono in sciopero. La vertenza sindacale, che nelle scorse settimane ha visto naufragare il tavolo di conciliazione aperto in Prefettura, si è arenata dopo diversi incontri. Il Si Cobas chiede l’assunzione a tempo indeterminato degli addetti, alcuni dei quali inquadrati con contratti di apprendistato, e un orario di lavoro di otto ore giornaliere per cinque giorni settimanali.
Sulla vicenda interviene anche il Comune di Prato, per voce dell’assessore all’Immigrazione Simone Mangani: “Il contrasto allo sfruttamento lavorativo è al centro dell’agenda di lavoro, anche quando non è sbandierato quotidianamente” – commenta l’assessore – “Il Comune di Prato persegue l’obiettivo del maggior coordinamento possibile tra tutti gli attori in campo nella lotta allo sfruttamento lavorativo. Dopo i colloqui con gli operai della Confezione Giulio, tenutisi la scorsa settimana negli uffici del Servizio Immigrazione, l’assessorato alla cittadinanza e immigrazione ha continuato l’opera di raccordo attraverso incontri mirati e collettivi con Inps, Ispettorato territoriale del lavoro, Università di Firenze, ASL ma al tempo stesso ha mantenuto i contatti con le parti sociali ed ha lavorato al rinnovo del protocollo d’intesa con la Procura della Repubblica”. Il Comune di Prato parteciperà all’unità di crisi indetta dalla Regione il 10 marzo in merito alla vertenza TexPrint: “Andremo all’unità convocata dalla Regione Toscana e coglieremo l’occasione per ribadire a tutte le parti presenti l’impegno incessante del Comune su questo versante – commenta l’assessore Simone Mangani – Andremo nonostante sia evidente la strumentalità del luogo, piazza del Comune, scelto per la manifestazione di sabato”.
Quanto alle recenti manifestazioni di protesta che hanno lambito perfino il Centro Pecci (gli operai in sciopero hanno issato una bandiera con scritto “8X5” NdR) e che hanno portato alcuni esponenti del mondo della cultura a sostenere una vertenza ancora non definita (tra cui lo storico Alessandro Barbero e il vignettista ZeroCalcare NdR), l’assessore Mangani suggerisce l’organizzazione di un incontro, che potrebbe aver luogo proprio al Centro Pecci, “sul tema dello sfruttamento, invitando anche Barbero o Zerocalcare ed ovviamente alla presenza del Comune. Per due buonissimi motivi: è molto attento ai cambiamenti, come ogni Centro d’arte contemporanea che si rispetti, ed è il luogo dove sottoscrivemmo nel 2018 il protocollo anti-sfruttamento tra Comune e Procura della Repubblica”.
Ieri sera gli altri 65 dipendenti non in sciopero hanno inviato una lettera alla stampa in cui fanno sapere che la TexPrint ha chiuso, da ieri, la produzione. “65 dipendenti non saranno più a lavoro ma a casa, senza sapere quando e se potranno tornare a lavoro, senza sapere per quanto potranno mantenere le loro famiglie ma soprattutto senza aver capito perché 15 persone, invece di rivolgersi alla legge hanno preferito danneggiare la ditta nella quale i SiCobas sostengono vogliano lavorare”. “Siamo ancora più delusi quando leggiamo i commenti dei pochi politici locali che si sono esposti dicendo di essere stati a parlare con i dipendenti della Texprint; quali dipendenti? I 15 scioperanti? Oppure hanno sentito solamente la versione di Luca? – continuano i 65 dipendenti -. Perché non sono venuti anche da noi? Siamo 65 e chiediamo solo di poter lavorare e che la nostra ditta abbia la possibilità di difendersi, non per strada, ma legalmente in un tribunale. I metodi, finora tollerati, dei SICOBAS hanno portato “quelle” persone che dicono di voler difendere e tutelare ad infrangere la legge. Siete tutti veramente sicuri che quei ragazzi lì fuori sappiano cosa stanno facendo?”.
E’ di oggi invece una nota della TEXPRINT che – si legge – “al solo fine di non rendere ancor più tesa la situazione, fino ad oggi ha ritenuto di non prendere posizione pubblicamente con comunicazioni e proclami. La situazione però è giunta ad un epilogo per cui questo non solo non è più possibile ma non ha più senso” scrive l’azienda, che punta il dito contro le modalità della protesta attuata ormai da due mesi da “uno sparuto gruppo di lavoratori, ex lavoratori e soggetti sconosciuti” capitanati dal SI Cobas.
L’azienda chiarisce che “nessuna controversia giudiziale è stata promossa da singoli lavoratori o dal sindacato SI COBAS e nessun provvedimento da parte di qualsiasi Autorità è stato emesso contro TEXPRINT”, ricordando inoltre che “65 lavoratori non solo non hanno mai formulato alcuna rivendicazione o aderito ad alcun sciopero, ma hanno invece pubblicamente difeso l’azienda invocandone l’assoluta correttezza e chiedendo di poter lavorare”.
L’azienda sottolinea di aver chiesto ripetutamente l’intervento delle Autorità competenti, i cui interventi non hanno ottenuto la cessazione della protesta che – secondo quanto riferito dalla Texprint – ha causato la perdita di ordini, stante l’impossibilità di approvvigionamento delle materie prive e di spedizione del prodotto finito, e quindi la cessazione dell’attività. “L’azienda è stata costretta a partire da oggi a cessare la linea produttiva e a tenere a casa i dipendenti, accollandosi tutte le spese senza ricorrere agli ammortizzatori sociali finché potrà – si legge nella nota -. L’azienda si riserva di procedere in tutte le sedi, per ottenere il ristoro del gravissimo (oltre che ancor prima inaccettabile) danno subito e subendo. Si conclude rilevando che il sacrosanto diritto di sciopero, di cui è titolare ogni singolo lavoratore, nulla ha a che vedere con comportamenti improntati alla sopraffazione, alla limitazione, se non addirittura all’eliminazione delle libertà costituzionali altrui, al danneggiamento e al rovesciamento dello stato di diritto” conclude la Texprint.