“E’ ora che si scelga da che parte stare, non con le parole ma con i fatti. E’ ora che la politica locale si assuma le proprie responsabilità, senza se e senza ma, e si misuri con quegli interessi, spesso italianissimi, che su condizioni di lavoro indegne, su sfruttamento lavorativo, su orari allungati a dismisura e salari bassissimi, campano e si arricchiscono”. E’ il monito lanciato dalla Cgil di Prato, e dalla sua assemblea generale, a conclusione del documento approvato che ancora una volta denuncia “il sistema illegale di produzione, basato sullo sfruttamento lavorativo”.
Una forte chiamata in causa di “tutti i soggetti, gli istituti e le istituzioni locali e le articolazioni locali dello Stato”, estesa alle categorie economiche e sociali e alle forze politiche progressiste, ad “attuare quanto ciascuno si è impegnato a fare”, con l’esortazione a sindaco e giunta di Prato “a mettere in pratica quanto previsto dall’ordine del giorno del Consiglio comunale del 22 febbraio 2020”.
L’assemblea generale della Camera del Lavoro ricorda di aver “analizzato, descritto e denunciato pubblicamente il modello produttivo del sistema illegale che opera, incontrastato, sul nostro territorio”, che solo “al profano può sembrare relegato alla conduzione cinese di molte aziende”, quando “è infatti legato a filo doppio a interessi locali italiani”; e di aver inutilmente chiesto da due anni al ministero del Lavoro “modifiche a quelle interpretazioni, procedure e obiettivi che, di fatto, impediscono l’applicazione delle leggi” a Prato.
La Cgil chiede anche che si replichi al comparto moda il piano triennale per il contrasto allo sfruttamento in agricoltura promosso dal ministero del Lavoro, per colpire un sistema “basato sullo sfruttamento di persone, quasi sempre immigrate, completamente in nero o assunte con falsi part-time”.
Nel documento l’assemblea generale rammenta che “per anni la Cgil di Prato, quasi sempre in completa solitudine, e oggi con sempre maggior frequenza, praticando quotidianamente la solidarietà, ha tutelato e protetto decine e decine di lavoratori e lavoratrici vittime di sfruttamento lavorativo”, ma che “il sindacato non può affrontare e vincere questo sistema da solo”.
La conclusione è netta: “Serve quello che fino ad oggi è mancato: la volontà delle istituzioni e degli enti preposti ai controlli e alle indagini di affrontare il fenomeno dello sfruttamento lavorativo con una visione globale, seguendone i flussi produttivi e con l’obiettivo di colpire il sistema nella sua capacità di produrre ricchezza”.
Lo Stato, scrive ancora l’assemblea generale, “deve fare la sua parte”, riempiendo anche i vuoti d’organico di Inps, Inail, Tribunale e Procura, anche perché “aver confinato, per colpa o per dolo, lo sfruttamento lavorativo su un terreno squisitamente sindacale è stato un errore politico a cui deve essere posto rimedio”.