26 Marzo 2021

Commercio e turismo, indagine Confcommercio: a Prato 2.200 i posti di lavoro a rischio. “Mettere in sicurezza le aziende o sarà emergenza occupazionale”


Sono circa 2.200 i posti di lavoro che andranno persi in provincia di Prato nei settori del commercio e nel turismo allo scadere del blocco dei licenziamenti.
È questo il conto amaro presentato dalla pandemia al tessuto economico locale che evidenzia una ferita profonda per il comparto della somministrazione e dell’accoglienza, dove già si contano 504 posti di lavoro persi, considerando i minori avviamenti registrati nel quarto trimestre 2020 (raffrontati allo stesso periodo pre-Covid dell’anno 2019).

A delineare questo scenario è l’indagine realizzata da Confcommercio Pistoia e Prato che ha fotografato l’andamento del lavoro nell’ultimo anno sul territorio e ha chiesto a 500 fra le proprie aziende associate come si comporteranno quando verrà meno il blocco dei licenziamenti (allo stato attuale, per questo tipo tipo di imprese soggette a cassa integrazione in deroga, l’orizzonte è fissato a fine ottobre).
I risultati non sono confortanti: buona parte degli imprenditori – alle prese da un anno con chiusure forzate e limitazioni legate alle norme anti-Covid, spese fisse, adempimenti cui far fronte e ristori risicati – hanno risposto che dovranno ridurre il personale.

 

I risultati della ricerca
A Prato nel settore del turismo e ristorazione, oltre la metà delle aziende da 1 a 6 dipendenti (che rappresentano il 72% del campione) prefigura una riduzione del personale. In particolare per il 47% delle imprese gli esuberi riguarderanno da 1 a 2 dipendenti; il 5% delle imprese prevede licenziamenti per 3 o 4 persone, mentre il 48% delle aziende interpellate conta di non licenziare nessuno.
Peggiori le aspettative, sempre nel comparto turismo e ristorazione, per le aziende un po’ più strutturate, che hanno più di 6 dipendenti (il 28% del campione intervistato). In questo caso il 79% prevede che sarà costretto a licenziare. Il 20% degli imprenditori stima esuberi per più di 5 dipendenti, il 59% prevede di contenere il taglio di personale fra 1 e 4 persone, e soltanto il 21% dei ristoratori e operatori turistici non licenzierà nessuno.

Nel comparto del commercio (dettaglio e ingrosso), i negozianti pratesi che attualmente occupano da 1 a 6 dipendenti (l’83% del campione di intervistati) prevedono per il 67% di non licenziare nessuno e per il 33% di dover essere costretti a licenziare da 1 a 4 persone.
Anche in questo caso le aspettattive sono peggiori per le imprese più grandi: tutti i commercianti con più di 6 dipendenti interpellati prevedono licenziamenti: il 91% di loro stima esuberi oltre le 5 persone e il 9% prevede di contenere i tagli di personale tra 1 e 4 dipendenti.

 

I dati della cassa integrazione
Da aprile 2020 a febbraio 2021 sono state oltre 2,3 milioni (dati INPS) le ore di cassa integrazione erogate per i dipendenti delle imprese del commercio al dettaglio e all’ingrosso, per le attività di ristorazione e per gli alberghi, a fronte del numero zero dell’anno precedente. La cassa integrazione in deroga, infatti, è stata reintrodotta con l’emergenza sanitaria con validità a partire dal 9 Marzo 2020. Lo strumento non veniva usato – se non per casi straordinari e di diversa natura – dal 2008-2009, a seguito della precedente crisi economica.

Il quadro diventa ancor più significativo con i numeri relativi ai mancati avviamenti al lavoro: nella provincia di Prato, il 4° trimestre 2020 segna sullo stesso periodo del 2019 il -11% (-136 contratti) per il commercio (dettaglio e ingrosso) e il – 46% per le strutture ricettive e della ristorazione (-368). A incidere sono senza dubbio il mancato rinnovo dei rapporti a tempo determinato e, in particolar modo, dei lavori stagionali tipicamente utilizzati nel mondo del turismo e della somministrazione.

 

Terziario in ginocchio, Confcommercio: “Non è più tempo di misure assistenziali e continue limitazioni”
Tutto questo determina una gravissima ricaduta nel prossimo futuro: il 31 Dicembre del 2020 i dipendenti delle attività delle attività di ristorazione e degli alberghi registrati in Camera di Commercio erano oltre 5.100. Secondo la stima fatta da Confcommercio sulla base della propria indagine, di questi circa 2mila rischia di scomparire nei prossimi mesi fra mancati avviamenti e licenziamenti. Diverso è per il commercio, i cui numeri sono migliorati dal dettaglio alimentare che ha ritrovato slancio nell’ultimo anno: con circa 10mila addetti, il commercio (al dettaglio e all’ingrosso) prevede di proseguire senza ulteriori esuberi di personale.

“È in ogni caso evidente che il crollo del lavoro nella provincia si è già innescato ed è indispensabile mettere in campo ogni strumento per arginare la grave crisi economica e sociale che si prospetta – commenta Confcommercio -. Servono con urgenza misure in grado di mettere in sicurezza le imprese per dare loro respiro e renderle in grado di investire sul proprio futuro e su quello dei propri dipendenti.
Non è più tempo di misure assistenziali e continue limitazioni. Dopo un anno dall’esplosione dell’emergenza lo Stato deve attivare meccanismi che non prevedano soltanto la chiusura delle imprese per arginare il virus: tutto questo non è più accettabile.
I settori del commercio e del turismo rappresentano la storia e il motore dello sviluppo del nostro territorio, devono essere salvati”.