5 Febbraio 2021

La storia del distretto pratese e il ruolo del Comune e delle amministrazioni pubbliche locali nel libro dell’ex sindaco Marco Romagnoli


«Il 28 febbraio 2009, ottomila persone, con la benedizione della Diocesi e con i gonfaloni della Provincia e dei Comuni in testa, studenti, operai, industriali, artigiani, sfilarono per gridare “Prato non deve chiudere”. La manifestazione per il rilancio del distretto fu, in realtà, la rappresentazione più vivida del suo definitivo declino». Inizia dalla fine Marco Romagnoli, sindaco di Prato dal 2004 al 2009, dallo spartiacque di quell’anno, il 2009, che segnò anche politicamente la fine del governo della sinistra con l’Amministrazione comunale conquistata dal centrodestra, per raccontare nel pomeriggio di ieri, giovedì 4 febbraio, in una sala del Pin, Polo universitario pratese, dinanzi ad una platea qualificata, in presenza e da remoto, le ragioni che lo hanno spinto a scrivere “Sviluppo economico e governo locale. Il distretto industriale di Prato 1944-2009” (edizioni Pentalinea): «Tanti sono gli studi sul distretto, che hanno anche indicato la funzione del Comune, senza approfondirla».

Romagnoli, con «il punto di vista di un ricercatore anche militante politico ed amministratore» nelle parole del professor Marco Bellandi dell’Università di Firenze, che ha realizzato la prefazione del volume, ha scandagliato in 558 pagine non sono le dinamiche della formazione e dell’evoluzione del distretto pratese, fino al suo tramonto, ma l’interazione con le politiche pubbliche, il ruolo attivo del Comune in tutte le sue fasi, perché per dirla con Roberto Giovannini, suo illustre predecessore, sindaco dal 1948 al 1965, “questo è il nostro distretto”.

Tabelle, grafici, dati sepolti negli archivi per dimostrare, come nei diversi momenti  della storia del distretto, dalla sua nascita, che Romagnoli fa risalire agli anni 1948-1952, quando si insediò una nuova organizzazione produttiva fatta di imprese disseminate e medio-piccole, fino al suo esaurimento, il Comune «sia stato parte attiva, sia voluto intervenire nella vita economica, non limitandosi a svolgere una funzione solo di sostegno e distributiva», come peraltro dimostra la grafica sull’imposta di famiglia, nell’anno 1951, pagata in gran parte dagli industriali.

«Per l’Università un‘occasione per riflettere sul nostro sistema economico-sociale», dichiara nelle vesti di padrona di casa Daniela Toccafondi, presidente del Pin – Polo universitario pratese, cui fa eco il rettore dell’Università di Firenze professor Luigi Dei: «Un saggio che mette in luce la sua conoscenza approfondita».

Dieci capitoli, con tante appendici e le conclusioni finali, per tratteggiare una dinamica dello sviluppo distrettuale che ha il suo apogeo tra il 1951 e il 1981, «anno di massima espansione» (Romagnoli), che già a metà degli anni Ottanta inizia la parabola discendente, «una discesa lenta, che ha evitato i drammi sociali di altri declini» (Romagnoli), con la creazione, per la prima volta dopo 30 anni, di uno stock di migliaia di disoccupati e un ricorso generalizzato alla cassa integrazione, rallentata dai fondi europei che arrivano copiosi quasi due miliardi dal 1991 al 2001, «che consentono grandi investimenti, privati e pubblici, l’Interporto fu costruito tutto con stanziamenti comunitari» (Romagnoli), che vede l’esplosione dell’immigrazione, «in un decennio le imprese cinesi di pronto moda superarono le imprese tessili» (Romagnoli).

Ma come si è giunti al declino del distretto? Forse perché, è la risposta tentata dal professor Bellandi c’erano delle «fratture interne, sociali, ma anche politiche ed economiche, con un doppio circuito: uno innovativo, l’altro molto meno, che ha funzionato anche da fattore di scarico su cui appoggiarsi nei tempi di crisi», o forse perché, con il professor Giampiero Nigro, dell’Università di Firenze, storico dell’economia, con una lunga vicenda di amministratore a Prato, «c’erano contraddizioni anche ideologiche, il distretto con le sue microimprese contraddiceva il pensiero economico della vulgata marxista. La questione è da approfondire».

«Non è però il caso di indulgere al pessimismo – rileva il professor Mario Caciagli, dell’Università di Firenze, che del libro di Romagnoli ha scritto la presentazione –. Non è detto che non possa rinascere un altro periodo di grande intensità di sviluppo».

Ed è ciò che si è augurato il sindaco Matteo Biffoni, che ha voluto omaggiare Romagnoli: «Bisogna riconoscere il grande lavoro fatto da Marco con questo libro. E anche l’idea che sostiene la fatica di questa sua ricerca: al Comune e alle parti pubbliche è affidato un grande ruolo per una nuova ripartenza»