10 Febbraio 2021

Inchiesta sullo sfruttamento del lavoro, Brezzo (Cgil): “Per fermare il fenomeno bisogna colpire la committenza”


«Un’altra ottima operazione della Procura ci conferma che la pandemia non ha intaccato il sistema di sfruttamento che impera sul nostro territorio. Con l’aggravante che, in tempi di Covid-19, quelle condizioni di lavoro e di alloggio espongono gli sfruttati anche al rischio di contagio, e il territorio a rischio di focolai. Nella consapevolezza e nell’incuranza, da parte di chi sfrutta che, insieme agli abiti, può produrre la morte». E’ quanto afferma Massimiliano Brezzo, segretario della Filctem-Cgil, a seguito dell’operazione contro lo sfruttamento sul lavoro che ieri ha portato all’arresto di tre imprenditori che avrebbero sfruttato 30 operai pakistani e bengalesi.

«Ma i luoghi dove avviene fisicamente lo sfruttamento – continua Brezzo – sono sempre aziende terziste, che lavorano per altri. Altri che non sono mai toccati dai controlli e dagli arresti e che, malgrado la legge preveda il contrario, una volta ripresi i vestiti cuciti sono, di fatto, sciolti da ogni responsabilità».

«Già oggi, quei soggetti – prosegue il sindacalista – stanno alimentando altre aziende sfruttatrici, che mettono a rischio la salute e la vita di chi è costretto, dalle circostanze, a lavorare per loro. E anche oggi continueranno indisturbati a far soldi sulla pelle degli ultimi. Nel cuore della civilissima Toscana. Dal 2003 sono invece responsabili, per legge, delle retribuzioni, delle contribuzioni e della sicurezza di questi luoghi di sfruttamento e, quando si sale sopra una certa soglia (cosa che accade praticamente sempre), diventa reato anche l’evasione fiscale e contributiva, il cui recupero dovrebbe essere prioritario in un paese che manda la gente in pensione a settant’anni perché, così ci dicono, i contributi non bastano»

Conclude Brezzo: «Quindi se si vuole interrompere la catena dello sfruttamento bisogna andare oltre e colpirne la testa: quei Pronto Moda che, all’apparenza legali e magari con un ambiente di lavoro curato e i dipendenti regolarmente assunti, esternalizzano, insieme alla produzione, anche lo sfruttamento delle persone».

Sulla vicenda interviene anche il Comune. “Il problema dello sfruttamento lavorativo e del caporalato – spiega l’assessore alle Politiche per l’inclusione Simone Mangani -, è stato affrontato anche stamani dalla commissione immigrazione dell’Anci che all’ordine del giorno, al primo punto, aveva le prospettive di collaborazione tra l’associazione dei Comuni e il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali a supporto delle tematiche legate allo sfruttamento lavorativo”. In questo contesto Prato si pone come una realtà dove la collaborazione interistituzionale è pienamente fattiva e può essere ancora migliorata: “E’ giunto il momento di ricondurre ad unità i protocolli esistenti affinché sia ancora più determinata e collettiva la volontà di difendere lavoro e i diritti dei lavoratori – ribadisce Mangani -. Di questo, in primo luogo, interesseremo gli altri attori, facendo così seguito al rinnovo del Piano lavoro Sicuro da parte della Regione Toscana”.