«Un’altra ottima operazione della Procura ci conferma che la pandemia non ha intaccato il sistema di sfruttamento che impera sul nostro territorio. Con l’aggravante che, in tempi di Covid-19, quelle condizioni di lavoro e di alloggio espongono gli sfruttati anche al rischio di contagio, e il territorio a rischio di focolai. Nella consapevolezza e nell’incuranza, da parte di chi sfrutta che, insieme agli abiti, può produrre la morte». E’ quanto afferma Massimiliano Brezzo, segretario della Filctem-Cgil, a seguito dell’operazione contro lo sfruttamento sul lavoro che ieri ha portato all’arresto di tre imprenditori che avrebbero sfruttato 30 operai pakistani e bengalesi.
«Ma i luoghi dove avviene fisicamente lo sfruttamento – continua Brezzo – sono sempre aziende terziste, che lavorano per altri. Altri che non sono mai toccati dai controlli e dagli arresti e che, malgrado la legge preveda il contrario, una volta ripresi i vestiti cuciti sono, di fatto, sciolti da ogni responsabilità».
«Già oggi, quei soggetti – prosegue il sindacalista – stanno alimentando altre aziende sfruttatrici, che mettono a rischio la salute e la vita di chi è costretto, dalle circostanze, a lavorare per loro. E anche oggi continueranno indisturbati a far soldi sulla pelle degli ultimi. Nel cuore della civilissima Toscana. Dal 2003 sono invece responsabili, per legge, delle retribuzioni, delle contribuzioni e della sicurezza di questi luoghi di sfruttamento e, quando si sale sopra una certa soglia (cosa che accade praticamente sempre), diventa reato anche l’evasione fiscale e contributiva, il cui recupero dovrebbe essere prioritario in un paese che manda la gente in pensione a settant’anni perché, così ci dicono, i contributi non bastano»
Conclude Brezzo: «Quindi se si vuole interrompere la catena dello sfruttamento bisogna andare oltre e colpirne la testa: quei Pronto Moda che, all’apparenza legali e magari con un ambiente di lavoro curato e i dipendenti regolarmente assunti, esternalizzano, insieme alla produzione, anche lo sfruttamento delle persone».
Sulla vicenda interviene anche il Comune. “Il problema dello sfruttamento lavorativo e del caporalato – spiega l’assessore alle Politiche per l’inclusione Simone Mangani -, è stato affrontato anche stamani dalla commissione immigrazione dell’Anci che all’ordine del giorno, al primo punto, aveva le prospettive di collaborazione tra l’associazione dei Comuni e il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali a supporto delle tematiche legate allo sfruttamento lavorativo”. In questo contesto Prato si pone come una realtà dove la collaborazione interistituzionale è pienamente fattiva e può essere ancora migliorata: “E’ giunto il momento di ricondurre ad unità i protocolli esistenti affinché sia ancora più determinata e collettiva la volontà di difendere lavoro e i diritti dei lavoratori – ribadisce Mangani -. Di questo, in primo luogo, interesseremo gli altri attori, facendo così seguito al rinnovo del Piano lavoro Sicuro da parte della Regione Toscana”.