Il vescovo Nerbini ai giornalisti: «Attenti alla “dittatura del mi piace”, a non pubblicare solo quello che la gente vuole leggere e sentire»


«Attenzione a non cadere nella “dittatura del mi piace”, un rischio che riguarda il giornalismo come la politica. Si cerca il consenso, si pubblica quello che la gente vuole leggere e sentire; si inseguono curiosità morbose o insipide, o cruente. Seguendo questo criterio, passo dopo passo, si scivola nell’appiattimento, a volte abbrutimento della comunicazione più in generale». Lo ha affermato il vescovo Giovanni Nerbini parlando ai giornalisti nell’omelia della messa celebrata nella cattedrale di Prato in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei comunicatori. L’appuntamento, sempre molto partecipato dai giornalisti delle redazioni e degli uffici stampa pratesi, è stato promosso dall’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali in collaborazione con Ucsi Toscana. La celebrazione è stata animata da una rappresentanza del coro Euphonios.

«Dobbiamo misurarci e riflettere sulle tante sfide che ci si presentano – ha detto il Vescovo rivolgendosi ai presenti – assolutamente nuove e immaginate fino a non molti anni fa ed ingigantite dalla pandemia per cercare nuove risposte che non siano rassegnazione, pessimismo e fatalismo». Secondo Nerbini in questo difficile tempo che stiamo vivendo emergono alcune problematiche, come «il ricorso accentuato all’utilizzo di news – poche e brevi – nel raccontare la realtà a scapito dell’approfondimento dei fatti e delle situazioni»; il crescente interesse per la cronaca spicciola e il venir meno di quello nei confronti dele grandi tematiche del presente; il dominio incontrastato dei social, «dove prevale l’emozione del momento ed è minore l’attenzione all’idea, alla riflessione, al ragionamento».

Da qui l’invito ad acquisire la consapevolezza che gesti, parole e scritti possono essere, oltre che l’espletamento di una professione, anche un mezzo, uno strumento attraverso il quale Dio parla all’umanità. «Possiamo operare con una prospettiva assolutamente nuova che sfora il tempo, raggiunge le persone, coglie i loro bisogni, sollecita una loro diversa risposta. Questo è sufficiente per dare un senso grande a tutta la nostra vita. Coraggio e buon lavoro», ha concluso Nerbini.