15 Gennaio 2021

Comitati e 100 cittadini contro il nuovo inceneritore di GIDA, presentato ricorso al Tar: “Via illegittima”


Comitati, associazioni e un centinaio di cittadini hanno firmato il ricorso al Tar contro il decreto di Valutazione di impatto ambientale con cui la Regione Toscana ha detto sì, con 13 prescrizioni, al nuovo impianto di GIDA per lo smaltimento dei fanghi di risulta dalla depurazione delle acque (leggi l’articolo). Un progetto da oltre 30 milioni di euro che prevede la realizzazione a Baciacavallo di impianti per la digestione anaerobica dei fanghi, associati a cogeneratori per la trasformazione di biogas in energia elettrica, e la sostituzione dell’attuale inceneritore con un nuovo termovalorizzatore.
Un progetto da sempre osteggiato dai residenti e dai Comitati della zona, che adesso si rivolgono alla magistratura amministrativa, alle cui sentenze si devono negli ultimi anni gli stop all’inceneritore di Case Passerini e all’ampliamento dell’areoporto di Peretola. Tra i firmatari del ricorso, curato dall’avvocato Claudio Tamburini, ci sono il Comitato Difendiamo la nostra salute, WWF, Forum Ambientale, VAS, Atto Primo, Mamme no Inceneritore, Presidio No Aeroporto No Inceneritori, Bio-distretto del Montalbano e In mezzo ad un’autostrada.

Numerosi i rilevi e le carenze progettuale segnalati al Tar dai ricorrenti: “la mancata verifica delle alternative di localizzazione dell’inceneritore, la violazione delle regole di gerarchia della gestione dei fanghi; il mancato recepimento di direttive dell’Unione Europea, leggi ambientali nazionali e piano regionale dei rifiuti che prevedono in via primaria la riutilizzazione dei rifiuti e non l’incenerimento; la violazione dei regolamenti europei per la lotta alle diossine, che richiedono di dare priorità a soluzioni alternative all’incenerimento; la grave sottostima del rischio sanitario a cui è sottoposta la popolazione della zona e la violazione dei criteri di indirizzo per la valutazione sanitaria nei procedimenti ambientali; la omessa relazione di incidenza nei siti Natura 2000 e la violazione dei vincoli previsti nel PIT”.

“Gida sostiene che non occorra una valutazione su possibili localizzazioni alternative, in quanto si tratta di un impianto preesistente. Ma qui di preesistente – afferma l’avvocato Claudio Tamburini – ci sono le vasche, ma non ci sono biodigestori, non ci sono gli impianti di cogenerazione a metano e c’è l’inceneritore che deve essere distrutto per costruirne uno nuovo. Nel suo insieme tutto l’apparato dell’impianto ha il carattere della novità”.
“Ci sono trattati internazionali e regolamenti Ue chiarissimi nel dire che si devono verificare possibili alternative prima di decidere la destinazione dei rifiuti e dei fanghi di depurazione negli impianti di incenerimento, che hanno la caratteristica di produrre diossine ed altre emissioni inquinanti capaci di accumularsi nel tempo; proprio per questo la soluzione più ragionevole richiesta è di valutare soluzioni alternative, tema che non ha trovato spazio e udienza all’interno del procedimento” – aggiunge il legale, che ritiene deficitaria anche l’istruttoria dal punto di vista della valutazione dei rischi sanitari derivanti dall’opera (sotto il rendering).

“Siamo di fronte ad una sottovalutazione gravissima del rischio aggiuntivo per la popolazione, insito nella realizzazione dell’impianto. Nella documentazione viene detto che si migliora la situazione attuale, ma questo è incredibilmente ingiusto se si tiene conto che questo problema e questo rischio è presente su questa stessa popolazione da 40 anni. Si pone il problema della condivisione del rischio. È un tema che negli atti viene minimizzato oltre ogni decenza, ed è una questione troppo pesante per essere accettata”. L’avvocato Tamburini entra nei particolari, segnalando le carenze da questo punto di vista, emerse durante l’iter della procedura di VIA. “In Conferenza dei servizi fu esaminato lo studio di impatto ambientale presentato da Gida: l’allegato 20 sui profili sanitari del proponente faceva praticamente un copia e incolla di alcuni dati di carattere sanitario esistenti, che non venivano neanche commentati. La conferenza dei servizi censurò in maniera abbastanza risoluta questa documentazione, sottolineando che non erano stati citati neppure gli studi epidemiologici fatti e chiedendo di ripresentare la relazione prendendo in considerazione i criteri di redazione degli studi di carattere sanitario che la stessa Regione nel dicembre 2016 aveva elaborato. Questi criteri dicono cose importanti sotto il profilo della valutazione del rischio: non è sufficiente verificare se le emissioni dell’impianto sono inferiori ai limiti di legge, ma è necessario verificare il pericolo anche al di sotto delle emissioni dettate dai limiti di legge e occorre inoltre verificare per diossine e altri fattori endocrini che abbiano capacità di sedimentarsi nel tempo, se ci sono fasce di popolazioni fragili o particolarmente sensibili. Ebbene, non ho trovato traccia di questo nella relazione della professionista esterna incaricata da Gida. Eppure la Conferenza dei servizi non ha poi fatto valutazioni conseguenti”.

I Comitati (promotori, tramite la pagina Facebook del Comitato “Difendiamo la nostra salute” di una raccolta fondi per sostenere le spese legali del ricorso) denunciano inoltre il mancato confronto e ascolto, da anni, da parte del Comune di Prato (socio di maggioranza di GIDA) e della stessa GIDA, partecipata anche dagli altri soci: Confindustria Toscana Nord e il Gruppo Consiag.

“Siamo avversi da sempre, non al cosa fa GIDA, ma al come ed al dove lo fa; preme sottolineare la delusione per le azioni politiche, sorde alle richieste ed al confronto con i cittadini e completamente supine agli ingordi appetiti di Confindustria – scrivono i Comitati e dice il loro portavoce Francesco Bellini, presidente di Difendiamo la nostra salute – . La nostra partecipazione si è dimostrata sempre costruttiva, fin dalla prima raccolta, nel 2013, di ben duemila firme che chiedevano risposte alle molte problematicità sanitarie ed ambientali della zona fra Fontanelle, Paperino e Cafaggio. Un comparto urbano che ha al suo centro, non la tipica piazza del paese con la Chiesa ed i luoghi di ritrovo, ma una piazza ben diversa con oggi due, ed a breve tre, impianti di alta pericolosità industriale attivi, come tutti sanno, ma fingono di non vedere, accanto a luoghi di aggregazioni, residenze e scuole. La costruzione dell’inceneritore di Prato con i suoi annessi biodigestore e cogeneratori è una scelta scellerata per svariate questioni sanitarie, tecniche ed urbanistiche. Oltremodo scellerato è il perseverare nella scelta dell’inceneritore, camuffato per anni, ben quaranta, dal nome di depuratore, ed ora dal nome di termovalorizzatore. Ancora più deprimente è continuare a vedere chi con le proprie dichiarazioni continua a sostenere che il tutto è riconducibile all’economia circolare, ormai etichetta così di moda che si pensa di poterla associare banalmente anche al nuovo assetto industriale di Gida”.

Alla conferenza stampa di presentazione dei motivi del ricorso al Tar era presente anche la consigliera comunale del Pd ed ex assessore comunale Monia Faltoni, residente a Le Fontanelle, a poche centinaia di metri dall’inceneritore: “Sono qui per ascoltare i cittadini; in questo progetto, soprattutto da parte di Gida, doveva esserci un confronto maggiore con la popolazione”.