13 Novembre 2020

Covid, imprenditori costretti alla quarantena pur essendo negativi. Confartigianato: “Nessun sostegno e cresce l’esasperazione”


Sono tante le segnalazioni che stanno arrivando a Confartigianato Imprese Prato in questi giorni da parte di imprenditori artigiani in gravi difficoltà in quanto, costretti alla quarantena per essere venuti a contatto con persone positive al Covid-19, devono rimanere lontani dalla loro azienda per lungo tempo, con drammatiche conseguenze sulle commesse di lavoro.

“Gli animi sono esasperati. Occorre pieno rispetto delle regole e dei protocolli di sicurezza, perché l’emergenza sanitaria è attualmente la priorità indiscussa. Ma sarebbe anche giusto correggerne alcuni aspetti laddove si riscontrano palesi contraddizioni o situazioni paradossali che danneggiano le attività senza valide motivazioni di tipo sanitario”. Luca Giusti, presidente di Confartigianato Imprese Prato, si fa portavoce di questo malessere molto diffuso in seguito all’emergenza sanitaria.

A spiegarne la dinamica è Sabrina Nesti, presidente del movimento Donne Impresa di Confartigianato. “Il problema è questo: c’è un caso Covid in famiglia e quindi scatta la quarantena preventiva dei conviventi – spiega Nesti -. I conviventi del contagiato sono obbligati a stare in quarantena pur risultando negativi al tampone per lo stesso periodo del positivo e anche per ulteriori 10 giorni successivi alla negativizzazione del familiare oppure del raggiungimento dei 21 giorni di quarantena previsti sempre del congiunto. Il paradosso che si crea quindi è che una persona sana è costretta per ben 31 giorni alla quarantena mentre il convivente, magari ancora leggermente positivo, dopo 21 giorni può uscire”. Una situazione, quella descritta dalla Nesti, che provoca inevitabili e pesanti conseguenze soprattutto per gli imprenditori artigiani. “Il grosso problema è che per quel periodo di quarantena, non essendo il soggetto in “malattia” perché negativo al Covid, non è in alcun modo tutelato e supportato considerando che le aziende, soprattutto se piccole o micro, potrebbero anche essere chiuse per quel periodo o comunque, l’assenza del titolare artigiano per un mese, può causare enormi problemi”.

“Il mondo artigiano ancora una volta rimane escluso dai provvedimenti di sostegno – dice Giusti –Sappiamo che le risorse disponibili non potranno mai coprire le perdite economiche di questa situazione. Credo tuttavia che potremmo pensare almeno a una detrazione sui contributi versati dall’imprenditore che vadano almeno in parte a ristorarlo per l’assenza forzata e non tutelata da nessun tipo di copertura poiché in questi casi il soggetto non è in malattia in quanto sano. Perdere un mese di lavoro, oltre alle perdite economiche di congiuntura del periodo, e dover poi pagare pienamente i contributi o le tasse senza che venga considerato questo caso pare davvero eccessivo. Preciso che un dipendente in quarantena preventiva, se può lavorare in smart working, ha la medesima busta paga, se è un lavoro per cui non è possibile può comunque usufruire delle ferie e dei permessi senza subire diminuzioni di reddito. L’imprenditore, oltre al danno, subisce la beffa di dove pagare le imposte come se nulla fosse successo”.
Una situazione quindi difficile, ancora più per le donne imprenditrici. “Sottolineo che i bimbi sono soggetti spesso a quarantena e quindi per le donne imprenditrici il quadro si complica ulteriormente – sottolinea Nesti – Perché se un adulto può fare quarantena in altro luogo, ovvio che un bimbo ha bisogno del genitore che nella quasi totalità dei casi è la mamma”.