3 Giugno 2020

Riduzione in schiavitù e abusi, arrestato il capo di una setta: si faceva chiamare il “Diavolo”


È ritenuto responsabile di aver ridotto e mantenuto in uno stato di profonda soggezione diverse persone, alcune delle quali anche minori, abusando della loro condizione di inferiorità psichica e approfittando di situazioni di vulnerabilità per compiere violenze sessuali. Così, uno studente universitario di 23 anni, residente a Montemurlo, qualificandosi come “il Diavolo”, si sarebbe messo a capo di una “setta satanica” da lui creata al fine di ottenere da ogni componente del gruppo la cieca obbedienza e totale accondiscendenza a qualunque sua richiesta mediante inganno, violenza e minacce.
Per questo motivo il Gip del Tribunale di Firenze, su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo toscano, ha emesso nei confronti del 23enne un’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari, con l’accusa di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, violenza sessuale e pornografia minorile. Sarebbero 13 gli episodi di violenza sessuale contestati al 23enne, che era già stato già perquisito lo scorso febbraio. Tra le vittime ci sono ragazzi e ragazze di età compresa tra i 16 e i 23 anni, ma c’è anche un giovane che all’epoca dei fatti aveva meno di 14 anni.

Il provvedimento, eseguito questa mattina dalla Polizia di Stato, arriva al termine delle indagini svolte dalla Squadra Mobile di Firenze diretta da Antonino De Santis, insieme al Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine di Roma, e coordinate dalla Procura della Repubblica di Firenze, che sono iniziate nell’aprile del 2019 a seguito della segnalazione da parte della madre di due ragazzi e dell’Osservatorio Nazionale Abusi Psicologici.
Durante l’inchiesta, coordinata dal Sostituto Procuratore Angela Pietroiusti, gli inquirenti hanno assunto importanti informazioni dalle vittime ed eseguito complessi accertamenti tecnici sul traffico telefonico e sui profili social dell’indagato.  È stato così possibile ricostruire un contesto di soggezione continuata indotto mediante inganno, minacce e violenza, contraddistinto da una visione distorta della realtà nella quale il leader della setta era considerato il “Diavolo”, con capacità e poteri sovrannaturali, e i suoi seguaci entità non umane che, al fine di acquisire più poteri, sarebbero stati costretti a rituali di ogni genere, anche di natura sessuale.
A tal proposito il giovane avrebbe fatto credere a tutti gli appartenenti al gruppo che erano persone prescelte, che nelle precedenti vite avevano avuto un’altra identità sovrannaturale (Amon, Atena, Banshee, Aracne, Eva, le Sette Furie, Ares, ecc.) e che la loro missione era quella di salvare il mondo.

L’indagato avrebbe così sottoposto i suoi adepti a una serie di domande su presenze estranee invisibili, quali vampiri e lupi mannari, al fine di convincerli a fare una specifica richiesta al diavolo mediante la stipulazione di un patto in ragione del quale gli dovevano essere fedeli e mantenere il segreto, per evitare disgrazie e sofferenze a sé stessi e alle proprie famiglie.
Per dimostrare di essere immortale, il 23enne si sarebbe addirittura fatto stringere il collo con le mani da un fidato appartenente al gruppo per poi cadere a terra fingendosi morto fino a quando non si sarebbe rialzato rimettendo a posto l’osso del collo e la trachea. I riti sarebbero avvenuti in parchi o luoghi abbandonati, l’area del Montalbano in località Pietramarina, dove è presente un masso noto come “Sasso del Diavolo”, l’ex cementizia di Prato, l’ex ospedale psichiatrico Banti di Vaglia (Firenze), o l’ex complesso manicomiale Villa Sbertoli di Pistoia.
Sempre secondo gli inquirenti, il giovane a capo della setta avrebbe inoltre asserito che ogni persona che si avvicinava al gruppo e seguiva i suoi precetti poteva acquisire gli stessi suoi poteri sovrannaturali attraverso una serie di rituali: premere con forza il proprio indice sul loro occhio; dare morsi sulle braccia con fuoriuscita di sangue; afferrare la testa premendo forte sulle tempie; imporre di inalare incensi e cristalli; farsi inviare tramite Whatsapp immagini di corpi nudi facendo credere che le foto sarebbero state viste da un’entità cibernetica denominata “Hydra”; costringerli, infine, con violenza fisica e minacce di morte, rivolte anche ai loro familiari, a compiere e a subire, in diverse occasioni, rapporti sessuali di vario tipo.
Gli adepti, anche minorenni, versavano in condizioni di totale sudditanza nei confronti dell’indagato. Molte vittime venivano attratte dalla promessa di sbloccare le loro potenzialità e risolvere i loro problemi di isolamento, solitudine finanche, talvolta, di depressione.

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