Ferme le attività economiche; a rilento anche gli ammortizzatori sociali. Se i titolari di partita Iva soltanto da alcuni giorni stanno ricevendo i bonifici dei bonus da 600 euro chiesti 3 settimane fa, per quasi tutti i dipendenti di aziende in crisi da coronavirus ci sarà ancora da attendere per ricevere la cassa integrazione del mese di marzo. I consulenti del lavoro hanno presentato le domande in tempi record, ma ci sono 5 diverse procedure di cassa integrazione a seconda dei comparti e delle dimensioni aziendali, alcune delle quali indirizzate direttamente all’Inps, altre alla Regione, che devono autorizzare la procedura. I passi successivi sono la rendicontazione delle ore effettive di cassa integrazione per ciascun lavoratore, conteggiate dai consulenti del lavoro e il secondo vaglio dell’Inps, che deve elaborare i modelli ricevuti ed effettuare i bonifici.
Un iter laborioso, che moltiplicato per le centinaia di migliaia di aziende in tutta Italia che ne hanno fatto richiesta, per milioni di lavoratori, ha portato a tempi lunghi di risposta.
“L’Inps ha autorizzato le prime casse integrazioni soltanto una settimana fa – spiega Alessandro Bensi, presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Prato – per cui
credo che sia difficile che i pagamenti arrivino prima della metà di maggio”.
Ci sarà dunque ancora da aspettare per le decine di migliaia di lavoratori che a Prato attendono la cassa integrazione di marzo; soltanto una parte di loro (si stima circa il 20%) ha ricevuto l’anticipo da parte delle aziende, che era possibile solo in alcuni casi (cig ordinaria), compatibilmente con la liquidità delle imprese. Soltanto per la cassa integrazione in deroga (che riguarda aziende né industriali, né artigiane, e con meno di 5 dipendenti) alla Regione Toscana sono arrivate domande da 1960 imprese pratesi.
“All’inizio dell’epidemia, i consulenti del lavoro avevano chiesto un’unica procedura per gestire la cassa integrazione delle aziende in crisi per effetto dello stesso fattore scatenante: l’emergenza coronavirus. Ne sono state attivate 5, di cui nessuna snella, e questi sono i risultati” spiega Alessandro Bensi. Nel suo studio, tra le aziende assistite, l’ultima assunzione è stata firmata il 9 marzo; poi soltanto una lunga lista di domande di cassa integrazione: il 90% delle imprese ne ha fatto richiesta. Numeri simili per altri consulenti del lavoro pratesi, come ad esempio lo studio Masoni-Bigazzi. “Anche noi siamo attorno al 90-95% di imprese che hanno chiesto la cassa integrazione: si sono salvate solo aziende della filiera alimentare, farmacie e poco altro” spiegano Maurizio Bigazzi e Matteo Masoni, che aggiungono: “La priorità è stata data a queste richieste (c’era tempo fino al 31 luglio per presentare le domande di cassa integrazione, ndr) per consentire la riscossione della cassa integrazione in tempi rapidi – spiega Masoni -. Ci siamo trovati a svolgere una grande mole di lavoro straordinario e imprevedibile e ad attivare tutte queste procedure di ammortizzatori sociali diverse per ogni settore produttivo. Le procedure sono state complicate per la documentazione da produrre e anche per la difficoltà di accesso ai siti on line. Adesso, non so quanto tempo occorra per i bonifici da parte dell’Inps; spero prima possibile, visto che i tempi per autorizzare le procedure dono stati abbastanza brevi: 15-20 giorni. Penso che i primi di maggio i dipendenti per cui è stata autorizzata la cassa integrazione ordinaria possano avere l’accredito sul conto corrente. Mentre per il FIS, l’assegno ordinario che riguarda i lavoratori delle aziende con meno di 15 dipendenti dei settori non industriali, siamo un po’ in ritardo. Su queste procedure non abbiamo ancora ricevuto l’autorizzazione dell’Inps”.
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