La sua salute era precaria da tempo e soffriva di attacchi ischemici. Da qualche giorno era stato ricoverato all’ospedale di Pistoia, dove gli è stata fatale l’infezione da coronavirus. Ezio Palombo se n’è andato oggi, a 89 anni, nella città dove si era ritirato dopo aver lasciato improvvisamente e con grande clamore il sacerdozio. Fu nel marzo del 2000 che la notizia di quel gesto dirompente fece scalpore a Prato e in Italia. Don Ezio, infatti, era un sacerdote conosciuto e amato per aver dedicato l’intera sua vita di prete ai poveri e all’educazione dei ragazzi, in particolare quelli più sfortunati, con famiglie disagiate e problematiche alle spalle. Ma il suo nome era particolarmente legato alla vicenda umana e sacerdotale di don Lorenzo Milani: don Ezio, infatti, fu uno degli amici più cari del priore di Barbiana e all’origine di un passaggio decisivo di quell’esperienza educativa. Fu infatti il sacerdote pratese a portare da don Milani due ragazzini che vivevano in precarie condizioni con la madre emigrata a Prato dalla Puglia: Michele e Francuccio Gesualdi, che poi divennero i più noti discepoli della scuola di Barbiana. Nella famosa raccolta di lettere di don Milani pubblicata dagli Oscar Mondadori, figurano diverse lettere di don Ezio e nella fiction televisiva del 1997, con il priore di Barbiana interpretato da Sergio Castellitto, l’allora parroco di Fabio figurava in molti passaggi.
Ezio Palombo era nato a Barberino di Mugello il 16 giugno 1931. Fu ordinato sacerdote il 19 dicembre 1953 e di lì a poco divenne parroco a La Briglia; dal 1956, del piccolo Borgo di Fabio, sulle prime pendici della Calvana; nel 1987 gli fu affidata anche la vicina parrocchia di Faltugnano. La canonica di Fabio ricalcava, per tanti aspetti, quella di Barbiana: qui i ragazzi venivano accolti, molti vi si trasferivano per trovare riparo dalle difficile vicende familiari, altri si fermavano per il «dopo-scuola».
Nel marzo del 2000, improvvisamente, don Ezio decise di lasciare il sacerdozio. A quasi 70 anni, lasciò la tonaca per l’amore di una giovane donna, da cui poi ebbe una figlia. La notizia suscitò grande scalpore. «Si tratta – commentò a caldo l’allora Vescovo Gastone Simoni – di una grave ferita nel corpo diocesano. Un prete quasi settantenne, con un passato pieno di meriti, è venuto meno e se ne va.
«Personalmente – confidò Simoni – provo una sofferenza lancinante e un’amara delusione. L’ho stimato e gli ho voluto bene. Ora mi sento come un babbo che non è riuscito a far restare in casa un figliolo grande e che sembrava tanto giudizioso». E questa paternità non è mai venuta meno, perché in più momenti difficili seguiti all’abbandono del sacerdozio, il vescovo Simoni e la Diocesi gli sono stati fattivamente vicini.
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