Contrarietà, preoccupazione e sconcerto: queste le reazioni che si colgono nelle imprese della plastica socie di Confindustria Toscana Nord di fronte alla notizia della nuova tassa che andrebbe a colpire il settore. La legge di bilancio 2020 prevede infatti, nel testo approvato dal Governo ieri sera e ora all’esame dell’Unione Europea, una tassa di 20 centesimi al chilo nella produzione di imballaggi di plastica. Un aggravio fiscale che va ad aggiungersi ai 33 centesimi che verranno pagati da gennaio (attualmente siamo a 26,5 centesimi) per il Conai, in sostanza come contributo al consorzio per la raccolta e il riciclo dei materiali plastici. I 20 centesimi della nuova tassa non sono però un contributo aggiuntivo per Conai e non hanno alcuna valenza ambientale: si tratta di un prelievo fiscale puro e semplice, che comunque si configura in tutta evidenza come una penalizzazione per un settore percepito, del tutto a torto, come non-virtuoso.
“Evidentemente la Legge di bilancio si conforma alla ‘moda’ della demonizzazione della plastica, anziché essere uno strumento che in maniera ponderata e razionale tracci anche delle linee di politica economica per il paese – commenta Fabia Romagnoli, delegata della presidenza di Confindustria Toscana Nord per la sostenibilità e lei stessa imprenditrice del settore -. Una visione, quella della plastica come materiale non in linea con il rispetto dell’ambiente, destituita di ogni fondamento. La plastica è un ottimo materiale che consente di ridurre i costi ambientali, anche per gli imballaggi, di 4 volte rispetto alle alternative. E’ riciclabile teoricamente all’infinito, con consumi energetici minimi e nessun consumo di acqua. Non bisogna far confusione: il problema non è la plastica ma la cattiva gestione dei rifiuti e la conseguente dispersione della plastica nell’ambiente. L’assurdo è che questa tassa va a colpire le imprese proprio nel momento in cui queste sono impegnate, con successo ma ancora con tanta strada da percorrere, nel rendere prodotti e processi sempre più ecosostenibili, attraverso il riciclo ma anche con l’utilizzo di materiali nuovi. Tassare le imprese adesso significa sottrarre risorse al lavoro che stanno facendo per migliorare le proprie prestazioni ambientali, che già adesso non hanno niente da invidiare a quelle di altri settori.”
L’aggravio fiscale sulle imprese del settore plastica rischia infatti di minarne la competitività anche rispetto ai concorrenti europei: la nuova tassa è infatti una scelta unicamente del Governo nazionale e non fa seguito ad alcuna prescrizione dell’Unione Europea.
“Il settore plastica significa per il territorio di Lucca, Pistoia e Prato 190 aziende con quasi 2.200 addetti, che rappresentano quasi un terzo del totale toscano – aggiunge la presidente della sezione Chimica, plastica e farmaceutica di Confindustria Toscana Nord Fabiana Roberti -. Un settore che nella nostra area conta delle eccellenze di livello nazionale, con una spiccata propensione all’export che negli ultimi 6 anni è cresciuto in media del 5,6% ma che già nel primo semestre 2019 si è limitato ad un esiguo +0,3%. E’ in gioco la sopravvivenza di un settore che dà lavoro a tante persone e che fornisce prodotti di tutto rispetto da ogni punto di vista, incluso quello ambientale. Perché queste penalizzazioni? Per inseguire una tendenza irrazionale che vede nella plastica, a quanto pare, la più grave delle minacce per l’ambiente? Oppure semplicemente per fare cassa, con il risultato che le imprese faranno sempre più fatica a trovare risorse per i propri investimenti, inclusi quelli per la sostenibilità? Per tacere del fatto che questi aggravi avranno effetti in parte anche sui prezzi al consumo. L’economia circolare è necessaria ma richiede investimenti e risorse, anche delle imprese oltre che delle istituzioni. Questa tassa non favorisce di certo questi processi: li ostacola.”