“L’attività del Buzzi Lab negli ultimi due anni esulava od era quasi completamente distaccata dall’attività scolastica; per la complessità dei macchinari, per la richiesta di professionalità, si era venuta a creare una cesura rispetto all’attività scolastica con l’impossibilità fisica per i ragazzi di accedere ai locali di quei laboratori”.
È questo, secondo quanto riferito dal sindaco Matteo Biffoni nell’audizione di oggi pomeriggio in Comune, il primo dei vizi che ha portato lo scorso 2 settembre alla chiusura del Buzzi Lab, le cui recenti vicende sono state ricostruite dal primo cittadino nella commissione presieduta dal leghista Leonardo Soldi. Oltre a questo, sono stati anche altri i problemi che hanno spinto nei mesi precedenti i sindaci revisori della scuola a non firmare i bilanci 2017 e 2018, anno nel quale il fatturato del Buzzi Lab, grazie alle commesse delle più importanti case di moda, ha toccato i 7 milioni di euro. Il sindaco ha riferito ai consiglieri comunali che l’attività del Buzzi Lab ha generato compensi – fra i professori della scuola che vi lavoravano – anche molto importanti che in alcuni casi hanno scavalcato il confine di 249 mila euro annui previsto dalla legge per la remunerazione dei pubblici dipendenti. Una circostanza che ha comportato l’approfondimento della Corte dei Conti.
Altro nodo da dirimere, sul piano della possibile “concorrenza sleale”, è l’utilizzo degli spazi all’interno di un edificio del Comune, gestito dalla Provincia.
Quanto al personale, i tecnici impegnati nel Buzzi Lab sono una trentina, di cui 4 sono anche docenti della scuola.
Il sindaco ha ribadito l’importanza di mantenere a Prato il Buzzi Lab, “attrazione delle migliori professionalità nel campo dell’analisi chimica applicata al distretto tessile e delle innovazioni legate alle certificazioni ambientali, doganali, antincendio” e ha illustrato il percorso avviato per rilanciare l’attività del laboratorio dopo l’incontro presso l’Ufficio scolastico regionale delle scorse settimane, al quale hanno partecipato il preside Marinelli, i rappresentanti della Regione e delle categorie economiche. “Il problema, almeno questa è l’accusa di sindaci revisori e ufficio scolastico regionale, – ha sintetizzato Biffoni – è che l’attività del Buzzi Lab negli anni si è trasformata in attività industriale a tutti gli effetti; va dunque adesso tirata una riga netta tra relazione scolastica con il laboratorio e l’attività industriale. A Firenze un notaio di fiducia dell’Ufficio scolastico regionale ha prospettato la creazione di una Fondazione – costituita almeno inizialmente al 100% dal Buzzi – che a sua volta dovrà ricostituire un’altra forma di attività che gestisca il Buzzi Lab. Questo comporterà un distacco netto, che andrà a sua volta regolamentato, nelle relazioni tra scuola e laboratorio”.
Nei prossimi giorni il sindaco avrà un nuovo incontro con il preside Marinelli per un aggiornamento sulla situazione. Intanto però Confindustria Toscana Nord lamenta che le “forti limitazioni temporali e funzionali imposte” al laboratorio dopo la riapertura fanno sì che “il problema sia tutt’altro che risolto”.
Daniele Spada e i consiglieri leghisti Claudiu Stanasel e Leonardo Soldi hanno sottolineato l’oggettiva limitatezza di competenze dell’amministrazione comunale sulla questione e hanno dato la loro disponibilità a preparare una mozione unitaria, di maggioranza e opposizione, per supportare ogni iniziativa tesa al superamento del problema e alla piena ripresa dell’attività del Buzzi Lab.
Sulla vicenda interviene anche il deputato di Cambiamo! Giorgio Silli: “Apprendo dalla stampa e dalla Commissione controllo e garanzia del Comune di Prato che la riapertura del BuzziLab è stata tutt’altro che una vittoria – afferma Silli -. O meglio, bene che sia stato riaperto, ma se i numeri che stanno circolando (-96 % nel settembre 2019 rispetto a settembre 2018, pur considerando le 2 settimane di chiusura) corrispondono al vero, credo che ci sia da iniziare a preoccuparsi seriamente perché si sta avverando quello che tutti temevamo, ossia che i clienti, a causa della chiusura per due settimane, se ne sono davvero andati e che il laboratorio inizia a perdere lavoro in quantità ingenti. Mi domando – conclude Silli – se si stia profilando un danno erariale a questo punto”.
Dario Zona