È stato firmato questa mattina in Palazzo Comunale il Protocollo di Intesa in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni di sfruttamento lavorativo e di tutela delle vittime tra Comune di Prato e Procura della Repubblica. Ad apporre le firme il vicesindaco del Comune Simone Faggi e il Procuratore Capo della Procura di Prato Giuseppe Nicolosi durante l’incontro “Un’altra strada è possibile: tratta e sfruttamento lavorativo” nell’ambito della manifestazione Mediterraneo Downtown, organizzata dal Comune insieme a Regione Toscana e Cospe, Associazione Libera e altre organizzazioni del terzo settore. Il Protocollo vuole prevenire la diffusione di gravi casi di sfruttamento lavorativo e di incidenti sul luogo di lavoro che coinvolgono imprese e cittadini stranieri, e avrà validità fino al 31 dicembre 2020.
«Con questo Protocollo d’Intesa abbiamo di fatto formalizzato l’impegno che già da più di un anno portiamo avanti insieme alla Procura. Emerge un quadro della situazione abbastanza preoccupante che richiede degli strumenti idonei per poter essere affrontato con efficacia, il Protocollo appena firmato è uno di questi» queste le parole del vicesindaco Simone Faggi. «È fondamentale supportare e tutelare il lavoratore che decide di denunciare, eventualmente fornendo un alloggio sicuro, ma è soprattutto necessario punire le aziende che commettono questi crimini».
Il Comune di Prato conta infatti la presenza di oltre 110 diverse etnie e registra una tra le incidenze percentuali di cittadini stranieri tra le più alte d’Italia, quasi il 20%. Negli anni sul territorio si sono sviluppate migliaia di piccole imprese straniere che impiegano in larga parte lavoratori stranieri, e dai dati risulta che questo ha spesso dato luogo a fenomeni di sfruttamento della manodopera e di non rispetto delle norme in materia di lavoro, sicurezza, immigrazione, fiscalità e previdenza, con la conseguenza di un aumento esponenziale di gravi casi di abusi e di incidenti sul luogo di lavoro. Per prevenire questi fenomeni e assicurare che le attività lavorative si svolgano nel rispetto delle regole, è stata attivata da tempo una importante collaborazione interistituzionale tra Comune di Prato e Procura della Repubblica, Questura, Prefettura, ASL, Regione Toscana e forze dell’ordine. Negli ultimi anni, la presenza crescente di migranti provenienti da situazioni di estrema povertà ha contribuito ad acuire il fenomeno dello sfruttamento lavorativo e della tratta di esseri umani. Questi lavoratori stranieri vivono una situazione di particolare vulnerabilità anche a causa della scarsa conoscenza delle norme in materia di lavoro che non permette loro di esercitare i propri diritti e sono quindi in genere le principali vittime.
Ruoli e impegni comuni dei firmatari. Con questo Protocollo il Comune si impegna a svolgere un ruolo di presidio territoriale fornendo servizi di consulenza giuridica e amministrativa ai cittadini che si trovano in condizioni di vulnerabilità. Questo sarà possibile attraverso l’apposito sportello di accoglienza e informazioni istituito presso il Servizio Immigrazione di via Roma 101, dove avverrà il primo contatto con i cittadini potenziali vittime di caporalato e verranno fornite le informazioni relative alla normativa e agli strumenti di tutela previsti, con l’ausilio di mediatori linguistico-culturali.
Il Comune si impegna anche a trasmettere alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Prato le dichiarazioni rese dai lavoratori e ad avanzare la richiesta di rilascio di un titolo di soggiorno se sussistono i presupposti normativi. La Procura si impegna quindi a sua volta ad esprimere un parere positivo o negativo circa la richiesta di rilascio di titolo di soggiorno presentata dall’amministrazione comunale dietro deposizione scritta del lavoratore. Entrambi i firmatari si impegnano a monitorare, con cadenza semestrale, l’andamento delle iniziative adottate e ad approfondire l’analisi del fenomeno di sfruttamento lavorativo.
«Stiamo cercando di attrezzarci nel miglior modo possibile per contrastare questi fenomeni molto gravi di sfruttamento e molto difficili da far emergere – ha dichiarato il Procuratore Giuseppe Nicolosi.- Non è facile ottenere la fiducia e la collaborazione dei lavoratori che stanno vivendo una situazione difficile, ma speriamo che le azioni messe in atto grazie a questo Protocollo possano dare una spinta positiva in questo senso».
Durante l’incontro, al quale era presente anche l’assessore all’Immigrazione della Regione Toscana Vittorio Bugli, oltre alla firma del Protocollo si è parlato anche dei temi riguardanti la tratta di esseri umani e le forme di sfruttamento lavorativo a Prato – in agricoltura ma anche in altri settori – e delle iniziative di tutela messe in atto per le vittime. A tal proposito, è stata presentata la ricerca sulla situazione pratese condotta da CAT coop. sociale Onlus di Firenze per conto del Comune di Prato nell’ambito del progetto SATIS (Sistema antitratta toscano interventi sociali).
Focus della ricerca è stato l’approfondimento sul territorio pratese delle condizioni di lavoro e delle forme di caporalato: ne è emerso che i casi più gravi avvenuti negli ultimi anni a Prato hanno riguardato in particolare aziende e cooperative agricole e imprese del distretto pratese del tessile-abbigliamento e che hanno colpito e colpiscono soprattutto cittadini migranti e richiedenti protezione internazionale. Nel corso del 2017 sono state condotte 37 interviste (alle quali se ne aggiungono 11 condotte nei primi mesi del 2018) a testimoni privilegiati e a lavoratori migranti. Le principali aree tematiche al centro delle interviste sono state le modalità di reclutamento e di ricerca del lavoro, la tipologia d’impresa, le condizioni di lavoro (tipo di contratto, mansioni, salario, sicurezza, orario di lavoro) e la presenza di indicatori di grave sfruttamento lavorativo.
Le attività di osservazione si sono svolte nelle zone industriali del Macrolotto 1 e 2 e nel quartiere del Soccorso, oltre che nel quartiere di San Paolo, in piazza Mercatale e nelle aree limitrofe della stazione centrale. È emerso, ad esempio, che nel settore agricolo nella quasi totalità dei casi di sfruttamento lavorativo rilevati i lavoratori sfruttati sono cittadini non comunitari che abitano a Prato e che lavorano nelle campagne di altre province toscane per cooperative e aziende italiane. Fra i migranti oggetto invece di grave sfruttamento lavorativo nel distretto tessile e dell’abbigliamento, le nazionalità di provenienza più ricorrenti sono Bangladesh, Pakistan, Senegal, Costa d’Avorio, Nigeria, Mali, Gambia. In generale, il reclutamento della forza-lavoro si appoggia soprattutto sulla presenza di canali informali, per lo più su base amicale, fra migranti e richiedenti protezione internazionale e in una minoranza di casi su piccole reti di reclutamento attivate internamente nei Cas o dalle aziende cinesi. Questo, per il momento, porta tendenzialmente ad escludere l’esistenza di una rete pienamente organizzata e strutturata di caporalato. L’impiego di lavoratori migranti non cinesi e non italiani comporterebbe una spesa media inferiore per i datori di lavoro cinesi, rispetto all’assunzione di lavoratori cinesi.
Dalle interviste e dai colloqui è poi emerso che le ragioni che in genere hanno determinato la scelta di denunciare i casi di sfruttamento lavorativo sono: la pesantezza e l’insostenibilità delle condizioni e degli orari di lavoro; l’avere subito un inganno da parte del datore di lavoro sul contratto; non essere stati pagati o avere ricevuto un salario molto inferiore a quanto pattuito; l’avere subito un infortunio o avere riportato problematiche di salute a causa del lavoro. Conoscere le motivazioni all’origine della denuncia fornisce preziose indicazioni per aumentare l’efficacia degli strumenti e delle azioni di contrasto al grave sfruttamento lavorativo. La condizione di sfruttamento lavorativo e di vulnerabilità socio-economica, che a Prato colpisce una fascia significativa di lavoratori migranti e di richiedenti protezione internazionale, rende quindi necessario il rafforzamento degli interventi e dei progetti di prevenzione, informazione, tutela del lavoro e delle politiche di inclusione sociale.
Per l’assessore Bugli, Prato rappresenta un modello per tutta la Toscana, poiché «è tra le prime città ad aver pensato ad un accordo di questo tipo». L’auspicio e l’impegno della Regione, è che questa iniziativa in futuro venga estesa ad altri capoluoghi della Toscana. Bugli, ha sottolineato anche l’importanza fondamentale dei controlli nella lotta per il contrasto allo sfruttamento lavorativo e che il tema dell’accoglienza venga gestito in un contesto di responsabilità, poiché di fatto «viene reso un servizio vitale alle persone».