Un soggetto di rappresentanza agricola con oltre 4500 soci che ha un bacino di potenziale utenza agricola molto grande sia per numero di aziende sia per livelli di fatturato e la quota più alta, fra le articolazioni territoriali in Toscana, della produzione lorda vendibile (plv), grazie soprattutto alla forte presenza di aziende vivaistiche, vitivinicole e agrituristiche. E che abbraccia, oltre a tutta l’area metropolitana pianeggiante Firenze-Pistoia, la montagna pistoiese e il Montalbano, il Mugello e il Chianti. Con due elementi che più lo contraddistinguono, pur in un sistema agricolo policentrico e diversificato in cui sono presenti un po’ tutti i comparti, dal bosco fino alla zootecnia: 1) la concentrazione di aziende florovivaistiche (distretto vivaistico ornamentale di Pistoia più una parte del distretto floricolo interprovinciale Pistoia-Lucca: la Valdinievole); e 2), in una regione dove l’olivicoltura è diffusa ovunque, la specificità di coprire l’intera filiera olivo-olio (vivaismo, coltivazione, estrazione, commercializzazione), dal vivaismo olivicolo di Pescia ai produttori e frantoi e stabilimenti di confezionamento nelle sue tre province (da Valdinievole e Montalbano alle colline intorno a Firenze, compreso il neo distretto biologico di Fiesole, in gran parte vocato all’olivicoltura).
Questo, in sintesi, l’identikit di Cia Agricoltori Italiani Toscana Centro (in breve Cia Toscana Centro), la nuova articolazione territoriale della Confederazione italiana agricoltori, nata per la fusione di Cia Firenze-Prato e Cia Pistoia e battezzata oggi con l’assemblea elettiva che ha sancito la presidenza del candidato unico Sandro Orlandini, ex presidente di Cia Pistoia; con la direzione affidata a Sandro Piccini, proveniente da Cia Firenze. Un’assemblea che si è svolta a Villa Montalvo, a Campi Bisenzio, e che ha visto la partecipazione di importanti esponenti istituzionali e politici locali e nazionali, proprio a pochi giorni dalla scandalosa scoperta nella piana circostante di coltivazioni di ortaggi cinesi illegali. Tema scottante su cui, in linea con quanto affermato dal presidente di Cia nazionale Dino Scanavino qualche settimana fa all’Accademia dei Georgofili, il neo presidente di Cia Toscana Centro Sandro Orlandini si è così espresso: «sì all’agricoltura multietnica per sostenere il ricambio generazionale, ma solo nel rispetto delle leggi, che devono essere più semplici per favorirne la piena applicazione».
Il programma di mandato presentato da Sandro Orlandini si prefigge di dare risposte efficaci sia ai problemi trasversali dell’agricoltura nelle tre province di Firenze, Pistoia e Prato, sia a quelli specifici emersi in ciascuno dei principali settori. Fra i primi, Orlandini ha fatto riferimento all’attenzione verso le nuove generazioni (“Dobbiamo dare continuità al nostro settore”, ha detto) ma ha citato anche i danni alle attività agricole degli animali selvatici, in particolare gli ungulati. Fra indennizzi insufficienti da parte degli Atc (ambiti territoriali di caccia), selvatici in sovrannumero e “opere di prevenzione” facilmente violate da essi, ha fra l’altro detto Orlandini, «i nostri agricoltori si sentono letteralmente “disarmati” ed impotenti di fronte a questo flagello. Ci sarà molto da lavorare sugli Atc appena riformati e un punto da chiarire al più presto è quello del passaggio dal sistema degli indennizzi a quello dei contributi, che per via della soglia minima rischia di mettere fuori gioco molti agricoltori».
Altro grande problema trasversale sono le calamità naturali conseguenti al cambiamento climatico, che Orlandini ha analizzato in relazione all’impatto che hanno sull’olivicoltura, ambito in cui Cia Toscana Centro può vantare, contando anche i piccoli olivicoltori, circa 1500 associati (1000 da Firenze e Prato, 500 da Pistoia). «Gelate tardive, colpi di calore primaverili ed estati troppo umide e piovose (o troppo calde e siccitose) – ha detto – hanno di fatto portato, a volte combinate agli attacchi di insetti nocivi e vari agenti patogeni, un forte ridimensionamento produttivo. Proprio quando, nonostante i costi di produzione spesso ancora troppo alti, c’è una domanda disponibile a riconoscere agli oli di qualità prezzi remunerativi». Per Orlandini le risposte ai problemi dell’olivicoltura stanno nella qualità e negli oli a denominazione (Toscano Igp ecc.), nella tracciabilità e nell’innovazione, ma «è necessario anche realizzare nuovi impianti e aumentare le superfici olivate».
Riguardo alla viticoltura, che in Cia Toscana Centro significa oltre 500 aziende (318 a Firenze-Prato e 188 a Pistoia) «nonostante i grandi investimenti realizzati dal settore agricolo nel rinnovamento dei vigneti, i problemi non mancano», ha affermato Orlandini, a cominciare dalla «grande volatilità dei prezzi», che non consente di fare programmi a lungo termine. «Il ruolo dei consorzi in questo momento è determinante e la Cia, tramite le proprie espressioni, deve essere di pungolo a rivitalizzare questi strumenti indispensabili nella programmazione. I consorzi non possono essere visti solo come una gabella dai produttori, ma devono essere a fianco del mondo della produzione per stabilizzare i prezzi, rendere remunerativo il prodotto vino e consentire alle nostre imprese di essere in grado di sostenersi economicamente».
Grandissima attenzione, poi, al florovivaismo, che da solo contribuisce in maniera imponente alla plv agricola regionale e anche a quella delle imprese di Cia Toscana Centro (che conta 388 aziende orto-florovivaistiche: 339 a Pistoia, 49 a Firenze-Prato). Sul vivaismo ornamentale del distretto pistoiese è stato presentato un ordine del giorno dedicato all’impatto negativo del caso Bruschi sulle piccole aziende fornitrici, in cui è scritto che per salvare i 42 dipendenti della Vivai Bruschi tramite il subentro di Giorgio Tesi Group si sono sostanzialmente messe a rischio circa 400 persone delle aziende creditrici, e alla necessità di una «piattaforma» per risollevare le sorti della piccola e media impresa vivaistica piegata dalla lunghezza dei tempi di pagamento, Riguardo alla floricoltura della Valdinievole, due sono gli obiettivi del programma: rilancio del Mercato dei fiori di Pescia e della cooperativa Flora Toscana.
Anche nella filiera del bosco Cia Toscana Centro, ha detto Orlandini, «continuerà ad avere un ruolo guida (già espresso a nome di Cia nazionale nel Tavolo della filiera del legno). Grazie anche al supporto di Aiel-Cia (l’associazione italiana delle energie agroforestali di Cia), si punterà allo sviluppo delle imprese forestali e alla valorizzazione delle biomasse legnose, continuando ad utilizzare ove possibile lo strumento dei Pif (Progetti integrati di filiera)». Molto interessanti poi i numeri degli agriturismi di Cia Toscana Centro: già in partenza sono associate 160 aziende agrituristiche nelle tre province. «Alcune di queste sono già fattoria sociale o fattoria didattica – ha ricordato – e hanno chiesto un’attenzione particolare che riteniamo doverosa nei confronti di un segmento che ha buone prospettive future, vista l’esigenza di servizi di tipo sociale nelle aree rurali, a cui l’ente pubblico da solo fa fatica a dare risposte adeguate. La multifunzionalità nel suo insieme è ormai un valore aggiunto della nostra agricoltura, una componente che garantisce nuove attività e un reddito in altro modo improbabile da raggiungere, specialmente nelle aree svantaggiate e marginali».
Da ricordare inoltre il capitolo agricoltura biologica, che vede Cia all’avanguardia da anni grazie ad Anabio, organizzazione che ha precorso i tempi. Questo settore è in costante crescita e la Toscana oggi, con oltre 4 mila operatori, è tra le prime cinque regioni italiane e la prima per numero di trasformatori di prodotti bio. Cia Toscana Centro crede nel vantaggio competitivo dei metodi di coltivazione biologica, vista l’alta domanda dei consumatori «sempre più consapevoli e attenti alla salubrità dei prodotti alimentari» e alla «gestione sostenibile e virtuosa del suolo e dell’ambiente». Via libera dunque alla promozione dei distretti biologici, che possono essere un valore aggiunto, ma senza posizioni oltranziste, perché c’è spazio per altre forme di agricoltura e per la qualità produttiva anche fuori dai confini del biologico.
Il presidente nazionale di Cia Dino Scanavino, concludendo i lavori, ha commentato il programma ricordando fra l’altro, sul florovivaismo, che il «nuovo regolamento fitosanitario europeo, che impone di trattare e tracciare le piante quasi come fossero animali, potrebbe significare un appesantimento burocratico enorme per le aziende florovivaistiche, per questo si sta lavorando alla definizione di una norma attuativa italiana che corregga per quanto possibile gli eccessi burocratici comunitari». Sull’olivicoltura ha detto: «dobbiamo individuare, anche con l’aiuto del vivaismo olivicolo, un’olivicoltura capace di livelli produttivi più alti pur conservando la biodiversità che la contraddistingue».
Mentre Luca Brunelli, presidente di Cia Toscana, ha rimarcato che la creazione di Cia Toscana Centro è «una razionalizzazione che consente economie di scala, e di rafforzare l’offerta di servizi qualificati ai soci, con benefici anche sul livello politico-sindacale». Riguardo alla nuova articolazione territoriale, ha osservato che essa «rappresenta la parte maggiore del Chianti Classico, un onore ma anche una importante responsabilità» e che l’unificazione in essa di tre grandi comparti produttivi come vitivinicoltura, olivicoltura e florovivaismo, può dare un grosso contributo a quella promozione unitaria dell’agricoltura toscana che auspico».
Intanto sono in arrivo bandi di sostegno all’agricoltura regionale per 120 milioni di euro: lunedì prossimo è prevista in Regione una riunione per definire il programma di uscita degli avvisi per il 2018.