Caratteristiche criminologiche e problematiche “note da decenni”, ordine pubblico che versa in una situazione di “estrema pericolosità” e organici degli impiegati addetti alla Procura “scandalosamente insufficienti”. Sono alcuni dei passaggi della relazione del procuratore capo Giuseppe Nicolosi all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Quindici pagine che danno conto della mole di reati perseguiti dai sostituti procuratori pratesi, dell’unicità del caso Prato (“crocevia sempre più importante di flussi migratori, affaristici, economici e criminali”) e del grave sottodimensionamento degli organici dei magistrati e del personale amministrativo.
“Ancora una volta – scrive il procuratore capo Giuseppe Nicolosi – deve essere ripetuto che l’amministrazione della giustizia nel circondario di Prato soffre della pressochè totale assenza di decisioni da parte del Ministero della Giustizia che, nonostante le allarmate richieste, le relazioni, le delegazioni di forze politiche e sociali, gli appelli e le segnalazioni degli organi istituzionali, non ha mai proceduto ad adeguare alle necessità gli organici degli impiegati addetti alla Procura, che sono scandalosamente insufficienti”.
Il distretto cinese: l’aspetto più critico della giustizia pratese
Per esemplificare l’estrema pericolosità dell’ordine pubblico a Prato, si citano l’omicidio consumato e i 10 tentati omicidi nei primi sei mesi del 2016. L’aspetto più critico della giustizia pratese è rappresentato – scrive Nicolosi – dalla “presenza di un distretto sub-industriale di matrice cinese, quello delle confezioni pret-a-porter, nel quale allignano violazioni della normativa sulla sicurezza del lavoro, lavoro irregolare in genere, evasione degli obblighi fiscali e contributivi, circolazione di denaro di incerta provenienza”.
A tal proposito il procuratore traccia un bilancio positivo del protocollo per il “Piano Lavoro sicuro” con la Regione Toscana: in due anni sono state controllate 3.170 aziende, quasi tutte cinesi, con 2.649 notizie di reato e una media di 5,74 procedimenti iscritti al giorno. Su 1503 procedimenti totali, il 71% sono stati definiti con estinzione del reato: i cinesi hanno pagato la sanzione in sede ammministrativa e si sono messi in regola con le prescrizioni imposte.
Anche per effetto dei controlli nei capannoni, l’incidenza di cittadini stranieri sul totale degli indagati è alta: su 8.671 persone indagate a Prato in un anno, ben 4.997 sono di nazionalità straniera. “Va anche segnalato – aggiunge il procuratore Nicolosi – che molti indagabili e – la circostanza è preoccupante – molte parti lese appartengono al novero di cittadini extra-comunitari irregolari sul territorio nazionale, in quanto tali di difficile se non impossibile reperibilità”. Alcuni preoccupanti indici – segnala il procuratore capo – fanno inoltre ipotizzare che nel circondario pratese operino cellule della criminalità organizzata cinese, astrattamente riconducibili alle associazioni di tipo mafioso.
Reati difficilmente estirpabili: droga e bancarotte
Quanto all’emergenza droga, si sottolinea che il micro traffico è “totalmente monopolizzato da cittadini nigeriani”, che per lo più “concentrano lo spaccio in una zona limitata della città” e che malgrado l’impegno profuso dalle forze militari e di polizia, la depenalizzazione del piccolo spaccio “ha notevolmente ridotto la capacità repressiva”.
Altro fenomeno “difficilmente estirpabile”, su cui resta alto l’allarme è legato alle forme di criminalità economica legate ai fallimenti. Ben 34 gli iscritti nel registro degli indagati, nel 2016, per bancarotta. “Tale numero, malgrado il massiccio ricorso al concordato preventivo – commenta Nicolosi – è sintomo di una prassi tuttora imperante secondo cui imprenditori, commercianti, commercialisti e professionisti di vario genere vengono coinvolti in atività del tutto prive di quei criteri di trasparenza e legalità che dovrebbero distinguere l’attività produttiva”.
Tra le altre lacune segnalate dal procuratore capo nella repressione dei reati, c’è la scarsa operatività delle misure cautelari reali del sequestro ai fini della confisca per equivalente e sequestro allargato: nel 2016 ci sono stati soltanto tre provvedimenti di sequestro per equivalente. Il motivo è da ricondurre sia alla “residua competenza di una Procura non distrettuale quanto alle materie richiamate”, sia – quanto ai delitti tributari – alla “non sempre completa predisposizione delle notizie di reato, che spesso non indicano in misura sufficiente i beni da aggredire nè, talvolta, elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio (ciò anche per lo specifico professionale dell’Agenzia dell Entrate, di natura squisitamente amministrativa)”.