La società Creaf ha presentato al Tribunale il piano per accedere al concordato liquidatario ed evitare il fallimento. Il destino del Centro di Ricerca e alta formazione in ambito tessile che avrebbe dovuto sorgere in via Galcianese è comunque segnato: l’attività non partirà in ogni caso, nonostante i 22 milioni di soldi pubblici immessi nella società per l’acquisto e la ristrutturazione della sede, dal 2005 ad oggi.
Nel piano presentato al Tribunale, il commissario giudiziale ha indicato in circa 8 milioni il valore della sede di via Galcianese, unico bene da mettere in vendita per ricavare somme a favore dei creditori. Una cifra simile a quella investita dieci anni fa per l’acquisto del bene da ristrutturare e che si discosta dalla stima sul valore attuale fatta dalla Procura di Prato (6 milioni), che ha indagato per falso in bilancio l’amministratore unico Laura Calciolari e ha chiesto il fallimento della società.
La decisione del Tribunale sull’ammissibilità del concordato è attesa nel giro di un mese e dipenderà dalla valutazione sul contenzioso in atto tra Creaf e la Regione sulla natura e l’entità dei crediti vantati da quest’ultima. La giunta regionale ha chiesto la revoca di tre linee di finanziamento e la restituzione di 11 milioni di euro e si ritiene creditore privilegiato. I rappresentanti di Creaf sostengono invece che la Regione sia creditore chirografaro e non abbia titolo per chiedere la restituzione delle somme, in particolare le prime due tranche di finanziamento. Questioni tecniche e giuridiche che incidono in maniera determinante sull’ammissibilità del concordato. Se la Regione fosse riconosciuta creditore privilegiato, dovrebbe essere soddisfatta al 100% dei crediti maturati: uno scenario insostenibile. In caso contrario il Tribunale potrebbe accordare l’ammissibilità del piano e rimettere la questione all’assemblea dei creditori, dove comunque la Regione avrebbe un peso decisivo sulla sorte della partecipata.