28 Aprile 2016

Il procuratore Nicolosi chiede interpreti al consolato cinese, ma riceve un no: “Siamo costretti ad arrangiarci e i processi rischiano di saltare”


Il Viminale sperimenta a Milano e Roma le pattuglie miste di poliziotti italiani e cinesi (leggi l’articolo), ma a Prato si fa sentire l’assenza di traduttori e interpreti cinesi. A lanciare l’allarme è il procuratore capo Giuseppe Nicolosi, che un paio di mesi fa ha incontrato il console cinese per incentivare la collaborazione istituzionale, ma poco dopo ha ricevuto un segnale poco incoraggiante proprio sulla reperibilità di persone disposte a tradurre atti, deposizioni e intercettazioni telefoniche dal cinese all’itaiano. Nicolosi ha chiesto al Consolato cinese di fornire un elenco di persone disposte a collaborare, ma la risposta scritta, a stretto giro di posta, è stata laconica: “Non siamo in grado di trovare nessuno”.

“Abbiamo pochi interpreti e traduttori ed è questa la principale difficoltà nella gestione delle indagini e dei processi – dice il procuratore capo -. Siamo costretti ad arrangiarci con i due o tre che vengono e purtroppo più volte i dibattimenti sono stati rinviati perchè non si trova qualcuno in grado di tradurre le intercettazioni telefoniche”. È questo uno dei motivi che nel volgere di pochi mesi porterà alla prescrizione di “Permessopoli”, il processo per corruzione che vede tra gli indagati tre poliziotti pratesi, fra cui l’allora vicequestore aggiunto.
La mancanza di “mediatori” riguarda soprattutto la traduzione di intercettazioni telefoniche ed è andata a peggiorare negli ultimi mesi. Circostanze che da alcune parti sono lette come una sorta di sudditanza nei confronti di personaggi influenti della comunità cinese.
Nel frattempo, Prato non è stata inserita dal Ministero dell’Interno nella sperimentazione che porterà nelle Chinatown di Milano e Roma due coppie di poliziotti cinesi al fianco di agenti italiani.

“La collaborazione istituzionale va benissimo e la presenza di poliziotti cinesi nelle strade non può che avere il senso della mediazione culturale – dice il procuratore Giuseppe Nicolosi – Ma ancora i termini dell’accordo non sono noti: occorrerà vedere quali strumenti avranno a disposizione e se potranno attingere a dati ed informazioni istituzionali del paese di origine”.

D.Z.

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