Un titolo “ignobile e volgare che ha offeso me e Francesco Nuti e che ha buttato all’aria tutto l’affetto con cui io ho sempre parlato di Nuti e dei suoi problemi”. Così Giovanni Veronesi ha definito il titolo “Io, Nuti e la vodka” che “Il Foglio quotidiano” aveva scelto nel ripubblicare l’intervista rilasciata dal regista pratese a “Il Fatto quotidiano”.
Nell’edizione di oggi il quotidiano fondato da Giuliano Ferrara riporta la lettera di protesta che Veronesi ha scritto al direttore Claudio Cerasa. “Se non fosse che non ho tempo da perdere vi farei causa. – scrive Veronesi – Quel titolista, quel genio che avete in redazione non vale nulla”. “Anche Nuti ha disapprovato totalmente, perchè l’articolo spiega bene il rapporto che c’è tra me e Francesco e sintetizzarlo così è veramente da ignoranti. Ho pregato Pagani (l’autore dell’articolo assieme a Fabrizio Corallo, ndr) e il giornale il Fatto, di fare molta attenzione ai titoli e di non parlare così sinteticamente di alcol ne di alcolismo perchè sono fatti privati che vanno spiegati bene magari all’interno dell’articolo e non in un titolo ad effetto (di merda, mi perdoni l’eufemismo) come quello”.
Nell’intervista a Il Fatto, Veronesi aveva ripercorso il suo legame di amicizia con Francesco, a cui il regista e sceneggiatore deve i suoi primi passi nel mondo del cinema. Dal momento in cui i due si conobbero: “Ci incontrammo per la prima volta a Prato nell’81. Io e Sandro avevamo messo in scena una rilettura di Gogol e Nuti venne in camerino per congratularsi: ‘Non ho capito una sega, ma non mi sembri male’. Poco dopo lo raggiunsi a Roma”.
“Fino al momento in cui scrissi ‘Tutta colpa del paradiso’ – ricorda ancora Veronesi nell’intervista al Fatto – aveva pagato quasi tutto Nuti. Poi il film andò bene, ne arrivò un secondo e i problemi economici sparirono”.
Nell’intervista Veronesi sottolinea la complicità che si era creata con Francesco Nuti e la spontaneità con cui nascevano le battute dei film, come la celebre dissertazione di Caruso Paskoski sulla mortadella comunista, il salame socialista e il prosciutto democristiano. “Io ero la parte cattiva che Francesco nascondeva. I sarcasmi che trovi nei suoi film sono miei, Mi divertivo molto., Cazzeggiavamo sempre”. Il regista poi arriva a parlare dei problemi di alcolismo. “Nuti si perse” gli fa notare il giornalista. “E io non me ne accorsi perchè anche io avevo i miei casini. Eravamo talmente felici, sull’onda del successo e convinti che il mondo fosse nelle nostre mani che non ci preoccupammo per un bicchiere di vodka in più”. Veronesi ammette di provare sensi di colpa nei confronti di Nuti. “Non mi perdono di non essere stato in grado di capirlo e aiutarlo quando Francesco ha avuto dei problemi. Lui con me lo ha fatto, io non sono stato capace di fare altrettanto. Non gli ho reso ciò che avevo ricevuto. Eravamo veramente amici. Anzi di più. Dividevamo tutto”. Perchè non lo aiutò? – chiede il giornalista. “Perchè ero ubriaco anche io”.Chi salvò Giovanni Veronesi? “La mia prima moglie, di solida estrazione borghese, nel 93. Mi rimise in piedi lei. Mi riprese per i capelli”.
Come sta Nuti oggi? “E’ tranquillo e secondo me sta meglio di ieri. I problemi non lo riguardano più ttanto da vicino. Comunica con suo fratello che gli sta sempre accanto. Non parla bene, ma capisce tutto e comunica. Mi faccio ancora dare dei consigli, gli ho portato tante volte i dvd con i premontati dei miei film”.
Era ingovernabile e fu fatto fuori dal cinema italiano? “Non credo. Si è trattato soltanto di una storia personale, dolorosa e privata. Ogi Francesco sta vivendo la sua terza vita. Ci sono persone destinate a vivere tante esistenze, più o meno belle o terrificanti. A me di vita è toccata una sola. Ma nonostante quel che gli è successo, penso che lì, su quella carrozzella, Francesco abbia comunque avuto un privilegio. Ha vissuto cose straordinarie. Noi al confronto siamo dei poveracci”.
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