Si è conclusa alle 14,30 l’attesissima assemblea dei soci della Banca Popolare di Vicenza, che ha confermato Gianni Zonin presidente dell’istituto, rinnovato il Consiglio di amministrazione e votato il bilancio. Approvato a larga maggioranza il preannunciato ridimensionamento delle quote azionarie che scendono da 62 a 48 euro, con una dimininuzione pari al 23%.
Questa decisione, giustificata dai vertici BpVi come conseguenza delle scelte della Bce, ha provocato contestazioni alla Fiera di Vicenza, dove si sono svolti in mattinata i lavori assembleari (leggi l’articolo). Zonin ha minacciato più volte di chiamare le forze dell’ordine per calmare gli animi dei contestatori che hanno fischiato sonoramente la dirigenza al momento delle risposte.
Prendendo la parola alcuni soci hanno accusato la banca di chiedere un rinnovamento senza però mettere in discussione i propri vertici: il nuovo Consiglio di ammistrazione infatti è confermato in toto, con l’aggiunta di Matteo Marzotto come nuovo membro. Samuele Sorato, direttore generale uscente, è stato eletto consigliere delegato. Inoltre Zonin ha annunciato che non sarà più presidente quando l’istituto vicentino si trasformerà in Spa. “Mi rammarico – ha aggiunto – quando sento chi mette in discussione l’onestà dela Cda e dei suoi componenti e non posso accettarlo. Confermo l’impegno e il lavoro del cda, del collegio sindacale e della direzione generale. Siamo sereni, abbiamo lavorato con onestà. Questa è l’ultima assemblea Bpvi come banca cooperativa, che resterà a Vicenza e si consoliderà a Vicenza, aggregandosi con qualcuno per raggiungere una dimensione europea”.
Tra i settemila soci presenti (alla fine i votanti erano 3844), anche Fabia Romagnoli, in rappresentanza della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, che detiene lo 0,5% delle quote azionarie, pari a 21, 4 milioni di euro. Il nuovo prezzo comporterà un calo di circa 4 milioni di euro. “Noi abbiamo deciso di astenerci su tutti i punti dell’ordine del giorno – ha detto Romagnoli al termine dell’assemblea – una scelta che abbiamo preso prima di sapere del ridimensionamento delle azioni”. La Fondazione adesso resta in attesa degli scenari futuri aperti con il decreto del Governo che trasforma le Popolari in società per azioni.
Pur non citando mai Prato nella sua relazione, nella conferenza stampa convocata al termine dell’assemblea, Zonin ha risposto ad una domanda sulla città. “Non devono lamentarsi quelli di Prato – ha detto scuotendo la testa il presidente – perchè loro sanno quanto abbiamo pagato le loro azioni e poi non hanno rispettato un patto, e chiudo”. Quale sia il riferimento non è chiaro. E poi ha affermato che “se Prato fosse rimasta sotto il Monte dei Paschi la città, l’industria e il territorio forse non avrebbero tutti quei vantaggi”. Sul rapporto con la Fondazione Cassa di Risparmio e le autorità cittadine Zonin dice “mi sono sempre trovato bene, poi è venuta fuori la storia di un dipinto…”, sottolienado come sia difficile “comandare in casa degli altri”. E ammette: “La mostra ‘Capolavori che si incontrano’, dove abbiamo speso una cifra importante, ha avuto, onestamente, una risposta inferiore al previsto. Prato è un po’ annebbiata da Firenze”.
Su Prato si è espresso anche il consigliere delegato Sorato: “Francamente facciamo fatica a capire che Prato non è soddisfatta dalla banca, le nostre situazioni andamentarie ci dicono invece che Prato è una delle aree che sta andando meglio in termini di clienti, di nuovi soci e in termini di redditività della banca. Quindi su quest’area troviamo un ampio consenso sotto il profilo operativo e tecnico, se il malcontento viene da altri, non lo rileviamo”.
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