Maxi-operazione antidroga dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Prato che hanno smantellato un’organizzazione dedita alla coltivazione e produzione intensiva di marijuana destinata all’estero, in particolare al mercato irlandese. Nel corso dell’operazione eseguita ieri a Prato, Bologna e Rovigo sono stati effettuati 5 arresti in flagranza di reato, nei confronti degli operai che lavoravano nelle serre. In manette, destinatari di misure di custodia cautelare, anche i tre cinesi di Prato che gestivano il traffico.
La marijuana veniva coltivata all’interno di capannoni industriali che erano stati trasformati in vere e proprie piantagioni. Sono state sequestrate oltre 9mila piante e circa 22 kg di marijuana già trattata e pronta alla vendita in tre capannoni: 2 a Bologna e uno a Rovigo. Qui i trafficanti avevano spostato la produzione dopo che un altro magazzino era stato scoperto e sequestrato dalla polizia municipale a Galciana, lo scorso settembre. La droga veniva messa sotto vuoto, inscatolata in pacchi da dieci chili e inviata a Belfast tramite uno spedizioniere cinese di via Pistoiese, che non è indagato. La confezione utilizzata e l’attenzione nello spedire la merce entro due giorni dal confezionamento, assicurava che la droga non avesse odore e potesse superare i controlli della Dogana, ingannando anche i cani anti-droga.
Il mercato finale non era stato scelto a caso; nel Regno Unito – dove arrivava con aerei cargo provenienti da Pisa – la marjuana ha un prezzo al dettaglio triplo rispetto all’Italia: fino a 20 sterline al grammo. I carabinieri hanno accertato che le spedizioni erano iniziate a gennaio 2014; in un anno i trafficanti hanno inviato a loro connazionali 780 chili di droga.
L’operazione, condotta dai carabinieri secondo metodi tradizionali (osservazioni, pedinamenti) e senza l’utilizzo di intercettazioni telefoniche, è avvenuta in collaborazione con le autorità del Regno Unito; la polizia irlandese ha arrestato il destinatario della merce: un cittadino cinese che ha ritirato 40 chili di marijuana.
Le piantagioni erano organizzate per assicurare una produzione industriale di 100 chili al mese: i coltivatori, che dormivano nei capannoni, potevano contare sulle consulenze di arboricoltori cinesi e seguivano un programma preciso, scritto in ideogrammi sui muri, per seguire il ciclo di crescita delle piante. Sequestrati fertlizzanti, anticrittogamici, terriccio, areatori e 590 lampade a vapore di sodio, utilizzate per ricreare il microclima ideale per la crescita delle piante. Lampade particolarmente dispendiose da un punto di vista dei consumi elettrici, dai 40 ai 45 chilowatt l’ora. Per abbattere le spese, a Rovigo gli indagati avevano escogitato un sistema per rubare l’energia elettrica alla rete cittadina. Nelle cabine dell’Enel erano stati applicati dei dispositivi ruba-corrente con un pericolosissimo allacciamento che consentiva anche di ridurre il voltaggio da 380 a 220 Volt.
La coltivazione di marjuana da parte di cittadini cinesi è un fenomeno in espansione. Un anno fa i Carabinieri arrestarono sette persone che avevano allestito una maxi-piantagione in un capannone di Vaiano. Al momento non ci sono collegamenti tra le due operazioni.
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