1 Dicembre 2014

Ispettori regionali, 300 aziende cinesi controllate in tre mesi. Tindari Baglione: “Repressione dura come per l’associazione mafiosa”


316 aziende controllate, di cui 48 sequestrate e 58 in regola. 249 prescrizioni impartite e altrettante le informative di reato trasmesse alla Procura. Sono i numeri dei primi tre mesi di controlli a Prato degli ispettori assunti dalla Regione nell’ambito del piano straordinario “Lavoro sicuro”, approntato dopo l’incendio di via Toscana, in cui persero la vita sette operai cinesi. In occasione del primo anniversario della tragedia, è stato tracciato un bilancio dell’attività, entrata a pieno regime a novembre, quando i controlli quotidiani sono dieci. L’obiettivo è controllare entro il 2015 la metà delle 7700 imprese cinesi censite dalla Camera di Commercio nell’area vasta Firenze-Prato-Pistoia, per arrivare a ispezionare tutte le aziende nel corso del 2016.
Sempre nell’area vasta nel primo trimestre sono state controllate 859 aziende. Tra le irregolarità riscontrate ci sono: 85 dormitori e 63 cucine abusive, 17 depositi di bombole a gas, 184 impianti elettrici fatiscenti, 200 macchinari non in regola.
“A distanza di un anno dalla tragedia non si può dire che non è cambiato niente – afferma il presidente della Regione Rossi -. Le istituzioni si sono mosse e qualcosa sta cambiando nella comunità cinese se è vero che 170 imprese si sono rivolte a Cna, Confartigianato e Confindustria e si sono dette disponibili a farsi supportare nel processo di emersione alla legalità. Non è più il tempo delle polemiche e a chi mi chiede quanto costa questo progetto (la Regione ha investito 15 milioni di euro in tre anni, ndr), rispondo che è a costo zero perchè si fanno le multe e sono soldi che ci ritornano. Le casse della Regione non ne soffriranno”.

“Dovremo essere ossessivi – ha detto il sindaco Biffoni – il valore in gioco è troppo alto: chi vuole operare al buio e lucrare sui diritti sarà colpito e sanzioneremo senza arretramenti. Allo stesso tempo apriremo le porte a coloro che vogliono stare nelle regole”.

“Nell’ambito dell’attività criminale l’affidamento in prova e la condizionale si concede anche ai cinesi, ma dopo la prima volta serve repressione, repressione dura come per l’associazione mafiosa”. Lo ha detto il procuratore generale della Corte d’Appello di Firenze, Tindari Baglione riferendosi all’illegalità economica del distretto delle confezioni a conduzione prevalentemente orientale: “Dovete dire a questa gente – ha proseguito il magistrato, incontrando i giornalisti – che secondo le norme del diritto internazionale ognuno deve fare la propria parte. Quando sono all’estero faccio una capatina in ambasciata per capire come comportarmi. E non basta che grazie a quella cinese ci comprino immobili a Firenze o ci facciano vendere le cravatte in Cina, ma hanno obbligo di far crescere i cittadini e di assicurare l’integrazione. Anche l’ambasciatore cinese in Italia faccia la propria parte”.

Il prefetto Maria Laura Simonetti ha ricordato la risposta dei vari enti – 21 in tutto, tra forze dell’ordine e altri soggetti ispettivi – deputati alle verifiche nelle attività economiche. Dopo la tragedia di un anno fa sono stati 1358 i controlli messi in campo. “Manca una cosa per chiudere il cerchio: la presa di coscienza da parte di una comunità che deve capire che il rispetto delle regole è il vero baluardo contro la perdita di vite umane”.

D.Z.

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