27 Ottobre 2014

Sicurezza: banche-dati unite contro le imprese fantasma, ma è Sos giustizia. Il presidente del Tribunale: “Siamo un pugile suonato all’angolo”


Ripulire le banche dati cancellando le imprese fantasma, non più attive o intestate a prestanome, semplicemente incrociando le informazioni a disposizione di enti pubblici e forze dell’ordine. È l’obiettivo del protocollo d’intesa siglato questa mattina in Prefettura alla presenza del sottosegretario agli Interni Domenico Manzione. Ai controlli della squadra interforze e di iniziativa delle singole forze dell’ordine (1358 nel primo semestre 2014) e a quelli dei 50 ispettori Asl assunti dalla Regione, si aggiunge dunque un nuovo sistema di verifiche amministrative, a costo zero: quando un ente non riuscirà a notificare un atto o una sanzione ad un imprenditore di cui non si hanno più tracce (il 60% delle tremila aziende straniere a Prato ha vita media di 18 mesi) scatterà la segnalazione all’agenzia delle Entrate e alla Camera di Commercio, per la cancellazione della partita Iva, dell’iscrizione dal registro delle imprese o dalla lista Vies che autorizza al commercio estero. Controlli sulla reale esistenza e sulla residenza del titolare di una ditta saranno effettuati anche su tutte le nuove imprese. In via sperimentale il progetto è partito già da alcuni mesi e finora sono state scoperte e cancellate dalle banche dati 150 aziende, la maggior parte delle quali a conduzione cinese. Il protocollo pratese non è un vero e proprio incrocio di banche dati (che resta bloccato per motivi di privacy da norme nazionali), ma un modo per farle interagire rapidamente tramite un sistema di mail a cui sono connessi i 21 soggetti firmatari del Patto (i sette comuni pratesi e la Provincia, Camera di Commercio, Agenzia delle Entrate e delle Dogane, Ufficio provinciale del Lavoro, Inps, Inail, Camera di Commercio, Asl, Corpo Forestale, Vigili del Fuoco, Questura, Carabinieri e Guardia di Finanza).

Sos giustizia
La firma del protocollo e l’incontro con il sottosegretario Manzione sono stati l’occasione per ribadire le richieste di Prato al Governo sul versante sicurezza. Su tutte, la grave carenza di organici degli uffici giudiziari, citata dal sindaco Biffoni, dal presidente dell’Ordine degli Avvocati Galletti e dai nuovi vertici della Giustizia pratese: il presidente del Tribunale Nicola Pisano e il sostituto procuratore facente funzione Antonio Sangermano.  Quest’ultimo ha fornito le cifre degli indagati per reati commessi nel 2013 a Prato: 9367, di cui 4883 stranieri; mentre nel primo semestre 2014 gli indagati sono 4341, di cui 2410 di nazionalità straniera. “Gli organici di Tribunale e Procura sono largamente insufficienti e il prossimo trasferimento di un giudice civile creerà un altro problema – ha detto Sangermano -. La politica si è mossa e ha dato delle risposte, come ad esempio l’intervento della Regione, ma occorrono altre azioni perchè in caso contrario rischiamo la delegata giustizia e di vanificare il lavoro delle forze dell’ordine”.
Il presidente del Tribunale Nicola Pisano ha evidenziato la carenza di personale amministrativo, senza il quale non si notificano gli atti e non si svolgono le udienze. “Su una pianta organica di 64 persone, ne abbiamo 47 in servizio. Ma una è prossima al pensionamento, 11 hanno chiesto l’interpello e hanno buone possibilità di essere trasferiti, mentre per i tre posti aperti a Prato nessuno ha presentato domanda. Da gennaio prossimo, il rischio è di avere una scopertura del 45%. Non abbiamo fondi per pagare gli straordinari, non possiamo chiedere ai dipedenti di usufruire del riposo compensativo perchè poi mancherebbero per una giornata. Al Ministero conoscono la situazione di Prato: così la giustizia si avvicina all’immagine di un pugile suonato all’angolo”.

“I soldi recuperati all’illegalità restino a Prato”
Tra le richieste avanzate al sottosegretario Manzione, il presidente di Confartigianato Belli ha ricordato la promessa del ministro Alfano di far rimanere sul territorio le risorse che lo Stato recupera dal contrasto all’illegalità economica. “È di pochi giorni fa la notizia di 180 mila rotoli di tessuto sequestrati dalla Finanza a Prato e messi all’asta, con un ricavo di 4,5 milioni – ha detto Belli -. Questi soldi dovrebbero rimanere a Prato, anche in virtù di quello che aveva promesso Alfano”.
Il sottosegretario Manzione ha risposto che non conosce le intenzioni del ministro in proposito, ma che un provvedimento del genere richiederebbe eventuali modifiche legislative nazionali. “I beni sequestrati confluiscono tutti in un fondo che alimenta il fabbisogno della Giustizia e del Ministero degli Interni – ha spiegato Manzione – E’ evidente che se si volesse andare in quella direzione occorrerebbe un percorso normativo più generale, perchè questa non è un’esigenza peculiare di Prato”.

Sulle carenze di organico della giustizia, Manzione ha invitato i pratesi a parlarne al tavolo nazionale. Ma i problemi a Roma sono noti da tempo, come ha ricordato il sindaco Biffoni e il presidente degli avvocati Galletti, che ha riassunto così: “Nel 2010 andammò a Roma a perorare aiuto per il Tribunale assieme al sindaco e ai vertici del Palazzo di Giustizia. Il ministro della Giustizia di allora era Alfano e capì la specificità di Prato. Le promesse ci sono state, ma poi non abbiamo visto niente”.
Della presenza dei militari dell’esercito a Prato, il cui mandato scadrà a dicembre, non si è parlato. “La mia opinione è rimasta la stessa – dice il sindaco Biffoni -. O si trova un modo nuovo per impiegarli, oppure credo che non siano di grande aiuto. Con il Prefetto e il loro comandante stiamo discutendo per capire se ci sono i margini per un utilizzo diverso rispetto all’attuale”.
Il presidente di Cna e di Rete Imprese Bettazzi ha chiesto un forte investimento in comunicazione per spingere gli imprenditori cinesi a rispettare le regole. “Di qui a pochi giorni iscriveremo 120 persone al patto di fiducia per l’emersione alla legalità voluto dalla Regione. È il segno che se c’è la volontà politica di favorire questo processo, i risultati sono positivi. Occorre inoltre introdurre la corresponsabilità tra imprese italiane e cinesi che non rispettano le leggi: perseguire chi ci lavora e chi affitta i capannoni”.

Dario Zona