27 Ottobre 2014

Sciopero alla Koinè, ma l’ex presidente del Prato calcio scongiura la chiusura della sede di Calenzano


Sciopero dei lavoratori della Koinè spa, l’azienda di trasporti dell’ex presidente del Prato Calcio Andrea Toccafondi. Da ieri sera alle 18, una ventina di camionisti aderenti alla Federazione autisti operai Cobas, ha organizzato la protesta con un presidio davanti alla sede di Calenzano, di cui l’azienda aveva annunciato la chiusura. Ai lavoratori – 65 autisti e una ventina di impiegati – era stato prospettato il trasferimento fin dal prossimo gennaio nello stabilimento principale di Madone, in provincia di Bergamo, dove avrebbero dovuto prendere servizio anche i 25 dipendenti di Fiumicino e quelli di Bormio e Padova. Secondo i Cobas dietro la riorganizzazione aziendale, c’era la volontà di costringere il personale a presentare le dimissioni e appaltare il lavoro a cooperative esterne. Il provvedimento è però rientrato: mentre a Calenzano si è svolta la protesta, a Roma si è tenuto un confronto tra la proprietà e la Cgil, che rappresenta la maggioranza dei lavoratori. Al termine dell’incontro protrattosi sin nel tardo pomeriggio, è arrivato l’accordo che scongiura la chiusura delle sedi logistiche.
“Anche Calenzano, al pari delle altre sedi, rimarrà aperta e almeno per un anno, fino al novembre 2015, non ci saranno trasferimenti – spiega Gabrio Guidotti, segretario regionale Filt Cgil -. Nell’accordo, che cerca di aumentare la produttività con dei premi di risultato ai lavoratori, non sono previste procedure particolari e se le cose andranno nel modo giusto Toccafondi potrà fare anche altri investimenti per rilanciare”.

Durante il presidio organizzato dai Cobas, stamani i lavoratori avevano raccontato la loro situazione e le loro preoccupazioni. Negli scorsi mesi la chiusura della sede di Calenzano era già stata prospettata dalla Koinè come motivo per spingere una trentina di dipendenti a lavorare nella nuova sede di Fiumicino. Alcuni di questi hanno fatto causa – visto che a Calenzano l’attività è proseguita – altri quattro o cinque si sono licenziati. Coloro che lavorano a Fiumicino, dopo aver guidato il camion per una settimana in tutta Europa e aver riportato i mezzi a Roma, il sabato si mettono alla guida dei loro mezzi per percorrere altri 350 chilometri e tornare a casa a Prato o a Firenze.

Nel fare un quadro più ampio dei problemi del settore, Gabriele Roberto della Federazione Autisti Operai Cobas, aveva allargato il discorso, illustrando “le tre piaghe” che affliggono il settore trasporti e peggiorano tutele, condizioni di lavoro e salari dei camionisti. La prima piaga è l’interposizione di manodopera: “una ditta esiste ed è strategica da un punto di vista logistico, però usa gli appalti, cioè i padroncini per gestire i trasporti. La seconda piaga – prosegue Roberto – è il cabottaggio, quando cioè i camion vengono dal’estero però agiscono in Italia e quindi tolgono lavoro e abbassano i costi. Infine la terza piaga: la delocalizzazione, ovvero aziende di trasporto italiane che si spostano all’estero, in Slovenia, Croazia, Romania per assumere personale a costi e condizioni più basse di quelle italiane”.

Dario Zona