23 Agosto 2014

Tra mosche e salite verso il Passo di Viamaggio: continua il cammino a piedi verso Assisi


Seconda tappa del giornalista di TvPrato Elia Frosini che ha scelto di percorrere a piedi il cammino dei pellegrini da La Verna ad Assisi. Noi vi proponiamo i suoi racconti, tappa dopo tappa, per seguire insieme questo insolito viaggio.

Seconda tappa: Pieve Santo Stefano-Passo di Viamaggio (10,3 km più 5 km per rientrare nel centro di Pieve)

Le mosche e la salita sono le indiscrete e sgradite compagne di questo secondo giorno: parto tranquillo dopo aver visto i pochi chilometri da fare (“Roba da pantofolai” penso… illuso). Attraverso e saluto con grande affetto il paesino di Pieve Santo Stefano e calco l’inizio della salita per l’eremo di Cerbaiolo. Ed è lì che inizia il dolore: dai 430 metri di altitudine da cui parto, arrivo ai 780 in circa cinque chilometri. Soltanto salita. Salita e pietraie scivolose: in realtà niente per un camminatore abituale, ma io ricordo a chi mi legge che non rientrerei in questa categoria nemmeno per un insolito scherzo del destino.
Già madido di sudore dopo poche centinaia di metri arrivano loro, il terrore di chi si addentra nei boschi: le mosche cavalline. Voraci, rumorose, estenuanti. Mi armo di un ramo di querciolo e cerco di scacciare almeno dal viso e dal collo gli insetti, che non se la prendono più di tanto perché iniziano a masticarmi i polpacci. E lì ce n’è da masticare. I primi cinque chilometri scorrono via così, fino a quando non arrivo all’eremo di Cerbaiolo, bellissimo e arroccato su un monte come un Prometeo dimenticato. Lucia ieri mi ha raccontato che fino a qualche tempo fa dava ospitalità a pellegrini, soprattutto durante il periodo in cui la responsabile della struttura era una suora (credo si chiamasse Chiara… boh). Dopo di lei un altro eremita che però non ha coltivato la stessa vocazione all’accoglienza incondizionata, cosa che ha fatto diventare in breve tempo il luogo sacro quasi una rocca inespugnabile. Peccato. In compenso mi faccio rapire dal piccolissimo cimitero poco sotto. La verità è che ci sono entrato per rifugiarmi nella sua cappellina, unico riparo contro le fameliche mosche cavalline. Ma la mia sosta forzosa è stata tutt’altro che noiosa: un luogo dimenticato, con le travi mangiate dai tarli e un piccolo altarino di legno. Sopra un paio di conchiglie dei pellegrini, con saluti e semplici invocazioni scritte all’interno: e mi sono sentito meno solo, con una fatica che non era più soltanto mia, ma condivisa da altre gambe, dai muscoli di decine e decine di uomini e donne alla ricerca di qualcosa.
Ripartiamo (io e le mosche) ritemprati e diamo il via alla seconda parte di salita: si deve arrivare ai 958 metri di altitudine, al Passo di Viamaggio: ancora pietraie, ancora salite e sudore, almeno fino al prato delle Camerelle, dove c’è una casetta che da fuori sembra nuova e dentro è messa peggio della cappellina del cimitero di cui ho detto prima. Mah. Mi fermo lì fuori per mangiare l’ennesima razione di fagioli e tonno in scatola, unico pasto che mi è venuto in mente piuttosto nutriente e facile da trasportare. A quel punto (proprio quando uno meno se lo aspetta) il nugolo di mosche si dissolve: sarà per il vento, sarà per il sole, sarà perché il tonno non è proprio il loro piatto preferito, decidono di dirigersi verso altri lidi, magari sopra una delle tante merde di vacca disseminate per il prato intorno alla casetta.
Così, solo e sconsolato, arrivo al Passo di Viamaggio, che sembra essere la Futa dalla quantità di motociclisti che vi si fermano per paninoppiùbbirra. Alla fine son stati dieci chilometri tosti: domani rotta verso San Sepolcro, 24,5 chilometri all’insegna del sali-scendi. Speriamo senza mosche.

Cosa che ho imparato oggi: L’accoppiata tonno e fagioli può venire a noia.
Cosa che mi porterò in tasca domani: il ricordo della prima tomba a destra del cimiterino di Cerbaiolo, di un bimbo morto dopo tre giorni dalla nascita e reso immortale dalla sua permanenza in quel luogo così unico.

Leggi la prima tappa

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