È caos normativo per quel che riguarda il futuro della Provincia, e a palazzo Buonamici si “naviga a vista” almeno fino alla fine dell’estate: l’iter per la trasformazione in ente territoriale di secondo livello presenta ancora molti punti oscuri, soprattutto perché deve ancora uscire dal parlamento la riforma costituzione che potrebbe prevedere, tra gli altri commi, anche il futuro di questa realtà politica e gestionale.
Al momento – come hanno fatto sapere stamani il presidente Lamberto Gestri e il segretario Massimo Migani – la data entro la quale tutto dovrebbe esser deciso è quella del prossimo 12 ottobre: in questo giorno ci saranno le elezioni dei membri del nuovo Consiglio Provinciale, composto da dieci componenti di cui quattro eletti a Prato e gli altri sei divisi per gli altri comuni del nostro territorio (un consigliere per comune). Sono eleggibili i sindaci e i consiglieri comunali in carica – tranne alla prima elezioni, in cui potranno essere scelti anche consiglieri provinciali uscenti. In consiglio provinciale resterà in carica due anni; tempistica diversa per il nuovo presidente della Provincia, che durerà quattro anni e sarà eleggibile tra i sindaci del territorio il cui mandato scada non prima di diciotto mesi dalla data delle elezioni del 12 ottobre.
Per quel che riguarda le funzioni, oltre alla tutela dell’ambiente, la pianificazione dei trasporti, la gestione delle strade e le decisioni sull’edilizia scolastica e sull’istruzione, alla nuova Provincia sarà affidata anche la gestione di raccolta ed elaborazione dati, la predisposizione di documenti di gara, il ruolo di stazione appaltante e soprattutto l’esercizio di funzioni impropriamente demandate a società e consorzi, come le aziende partecipate, le fondazioni e altre associazioni. In questo senso, il problema forse più pressante che gravita attorno alle funzioni del nuovo ente è il reperimento del denaro per far fronte a tutti questi impegni: né il governo né la conferenza Stato-Regioni, infatti, hanno ancora stabilito i criteri di individuazione dei beni e delle risorse. Da qui l’allarme del presidente Gestri: “Se non riusciremo a vendere gli immobili messi all’asta entro ottobre – ha detto – rischiamo di non poter far fronte alle spese”. Il Patto di Stabilità non permette infatti di poter utilizzare i soldi in cassa, e solo la vendita dei “gioielli” come palazzo Buonamici e palazzo Novellucci potranno risolvere la situazione. Ma l’amarezza del presidente nasce anche da altre considerazioni: “Questi nuovi enti – lamenta Gestri – perderanno il contatto con i cittadini. Sto pensando ad esempio alla Formazione lavoro della Fil, gestita dalla Provincia, che lo scorso anno ha accolto 117mila contatti”. “I tagli sono sempre più spaventosi – continua il presidente – se si continua così la Provincia non sarà più in grado di onorare le sue funzioni”.