26 Agosto 2014

“Le persone non hanno le marce, anche se farebbero parecchio comodo”: quinta tappa a piedi verso Assisi


Continua il pellegrinaggio di Elia Frosini, giornalista di TvPrato, da La Verna ad Assisi a piedi. Questo è il racconto della quinta tappa del suo cammino.

Quinta tappa: Città di Castello-Pietralunga (circa 30 chilometri)

La fatica ora si sente, e in maniera anche abbastanza forte. È il rovescio della medaglia del cammino: ti mette di fronte ai tuoi limiti, ti obbliga a stringere i denti quando invece vorresti solo metterti a piangere. Mi sveglio a pezzi, con le gambe che tirano da morire: e scopro che ci sono almeno tre punture di tafano, gonfie e forse infettate, e una piccola distorsione alla caviglia destra. Don Alfredo è messo pure peggio: ginocchio sinistro fasciato e gamba destra gonfia già prima di partire. E la tappa si abbatte come una mannaia: lascio il don in località Il Sasso affrontare il percorso al suo passo e do il via alla prima salita, sotto un sole cocente. E proprio in questi momenti torna il rapporto ancestrale tra la mente, il corpo e l’anima: avere la volontà di continuare a salire, dosando per bene le scorte d’acqua (per ore il pellegrino non trova una fontanella in questo percorso) e controllando i muscoli. Nessun errore è concesso: se metti male il piede la distorsione si fa sentire e ti blocca. Unica consolazione di questa prima parte l’incontro con un pellegrino piemontese di Pinerolo: appena mi dice di dov’è non posso non riesumare la gag di Fantozzi della zia di Pinerolo, che anche lui ovviamente si ricorda perché mi pare un elemento piuttosto pittoresco.
Una giornata comunque molto dura: a sentire i racconti di chi ci vive, parecchi pellegrini si sono fatti venire a prendere a metà strada, non reggendo il percorso. E don Alfredo non fa eccezione: arriva a Pieve de Saddi sfinito, con un viso teso e sofferente. La gamba destra pare un cotechino il giorno di capodanno. “ Niente, io abbandono qui”, mi dice. E così è stato: finisce il cammino di uno che ce l’ha messa tutta, che mi ha insegnato tanto e che mi ha aiutato in tutti i modi; non so se lo rivedrò mai più dopo oggi: mi ha detto che il biennio di apostolato a Milano è finito e se ne torna in Venezuela, a fare il don Camillo della situazione (almeno fin quando la Guardia nazionale non gli farà passare dei guai).
Pieve de Saddi, un luogo fuori dal tempo, che deve il nome a una chiesa molto antica e in alcuni punti ancora affrescata. Uno spettacolo per gli occhi, con il suo abside in cui campeggia la colomba dello Spirito Santo. Custodi di questo luogo dimenticato una donna con bambino: e la giornata subisce una svolta quando ho modo di intrattenere una chiacchierata filosofica con il piccoletto, sì e no di cinque anni di età. Il ragazzino si avvicina ansimando al luogo in cui stavo riposando, dietro la chiesa: Mamma mia che fiatone hai?!?” dico io. Risponde in stretto dialetto umbro, che traduco per quel che ho capito: “Eh oh, ho fatto la salita in bici. Ce l’ho fatta a malapena ingranando la prima!!!”. “ Eh immagino, la salita è difficile da fare anche camminando” sottolineo. Lui mi guarda e come se fosse la cosa più normale del mondo mi dice, testuali parole: “E a cammina’ ‘nn’ zé po’ mette’ nemmeno la prima…”. Un vero genio il ragazzino, e penso che se Nostro Signore ci avesse fatti con le marce sarebbe stato parecchio, ma parecchio meglio. Anche perché dopo Pieve de Saddi mi mancano ancora poco meno di quindici chilometri, la metà di discesa ripida (che avrei affrontato ingranandoMI la folle perché ci si diverte di più) e l’altra metà di salita (che avrei fatto in prima secca).
A Pietralunga si conclude questa mia giornata e un altro momento importante di questo mio insolito viaggio: io e don Alfredo ci mangiamo una pizza per salutarci, lui starà un altro giorno qui e poi si muoverà in bus prima a Gubbio e poi ad Assisi. Gli ho detto che se lunedì arrivo ad Assisi in tempo utile ci andiamo a bere una birra insieme, ma francamente non so se rivedrò mai più questo simpatico e coraggioso compagno.
E domani me ne torno in strada da solo, per Gubbio ci sono più o meno 26 chilometri. Di pensieri, emozioni e paesaggi mozzafiato.

Cosa che ho imparato oggi: Le persone non hanno le marce, anche se farebbero parecchio comodo
Cosa che mi porterò in tasca domani: La chiacchierata del dopo cena con Alfredo, sicuramente l’ultima che faremo assieme. Il ricordo di un giovane prete coraggioso e potente, ma soprattutto buono.