Siamo ormai alle fasi finali della procedura per il riconoscimento nazionale della denominazione “Mortadella di Prato IGP” avviata dall’Associazione di tutela della Mortadella di Prato in collaborazione con la Camera di Commercio. Una procedura lunga e meticolosa, che ha richiesto un’attenta ricostruzione storica e un lavoro di indagine per l’individuazione della ricetta di questo salume.
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha indetto una riunione di pubblico accertamento per il 17 luglio alle ore 15 presso la Sala Convegni della Camera di Commercio di Prato, nella quale verrà data lettura del disciplinare di produzione della mortadella. A questa iniziativa, aperta al pubblico, sono invitati a intervenire tutti gli interessati. Terminata questa fase, il disciplinare passerà al vaglio della Commissione europea che dovrà decidere sul rilascio della IGP (indicazione geografica protetta).
“Si tratta di un momento importante per la definizione di questo percorso – commenta Luca Giusti, presidente della Camera di Commercio di Prato – La mortadella di Prato è un salume particolare, che racconta il nostro territorio e anche un po’ della nostra storia. Da quando è iniziato questo lavoro di valorizzazione, la mortadella di Prato è tornata sulle tavole non solo dei pratesi, ma anche protagonista di iniziative di interesse nazionale, essendo uno dei presidi Slow Food. E la crescita della produzione negli ultimi 5 anni, con picchi anche del 20% annuo nella produzione, è un segnale evidente di questo interesse”.
La mortadella di Prato. Ricetta e storia
La “Mortadella di Prato” è un salume cotto speziato di stampo medievale, dal gusto unico, frutto del contrasto fra il sapore caldo e pungente delle spezie, dell’aglio e del sale marino, e quello dolce e delicato dell’alchermes. Il “saper fare” locale, risale ai “beccai” pratesi (gli antichi macellai), un’attività che, per motivi di igiene, richiedeva, come il mestiere di tintore, abbondanza di acqua corrente e che quindi si è potuta sviluppare grazie alla presenza delle “gore”.
La scelta dei tagli di carne utilizzati nella lavorazione tradizionale, l’assenza di glutammato e la particolarità degli ingredienti, rendono questo salume unico nel panorama gastronomico italiano. In particolare ciò che la lega indissolubilmente al territorio pratese è la presenza dell’alchermes, un liquore di colore rosso vivo ottenuto un tempo esclusivamente dalla cocciniglia, un insetto parassita essiccato e polverizzato, che per secoli è stato adoperato nella tintura dei tessuti.
Questa specificità ha accresciuto nel tempo la reputazione della “Mortadella di Prato”. I primi documenti certi risalgono infatti al 1733, in occasione della beatificazione di suor Caterina de’ Ricci, quando le monache dei monasteri domenicani di Prato allestirono per gli ospiti un pranzo dove essa figura come specialità locale. Ritroviamo la “Mortadella di Prato” menzionata scherzosamente nel 1854 nel carteggio Guasti-Pierallini (“le mortadelle di Prato son cose ghiotte anche ai fiorentini mangia fagioli), in relazioni redatte in lingua italiana, inglese e francese per le Esposizioni internazionali di Londra e Parigi e in una nota di un commissario francese di polizia, che ci ragguaglia sull’esportazione del prodotto in Francia (1867) a conferma della sua conquistata reputazione.
Anche durante il Novecento sono numerosi i riferimenti documentati alla “Mortadella di Prato”: la sua peculiarità ha fatto sì che il prodotto fosse presente in molti libri di cucina e guide gastronomiche locali, nazionali e internazionali, fin dalla prima edizione della “Guida gastronomica d’Italia” del Touring Club Italiano (1931). La sua fama è anche legata alla predilezione dimostrata da grandi chef e personaggi della cultura e della gastronomia internazionali, come il famoso scrittore gastronomo Manuel Vasquez Montalban, che nel 2000 ebbe modo di apprezzarla al Salone del Gusto di Torino. E’ stata inoltre valorizzata come espressione genuina della tradizione gastronomica di Prato da associazioni come l’Accademia della cucina italiana (1987) e Slow Food, che nel 2000 ha istituito un presidio del prodotto. Fin dal ‘700 si usa gustare localmente la “Mortadella di Prato” con i fichi oppure nella cucina tradizionale come ingrediente di molti piatti tipici, tra i quali i “sedani alla pratese”.