Settantacinque chilometri, da Santa Lucia a La Pietà passando da Montepiano. Una camminata lungo i sentieri delle nostre montagne che anche quest’anno ha visto la partecipazione di centinaia di appassionati escursionisti. Ieri e sabato si è celebrata – è il caso di dirlo perché per molti è una specie di rito collettivo che si ripete ogni anno – la trentesima edizione di «Da Piazza a Piazza», manifestazione promossa e organizzata dal Cai di Prato. Quasi un migliaio gli iscritti, più di settecento i camminatori che hanno fatto il percorso completo andata e ritorno.
«Da Piazza a Piazza» non ha un ‘camminatore tipo’, tra i partecipanti ci sono giovani e meno giovani, podisti, escursionisti, amanti della montagna ma anche persone che hanno voglia di sfidare le proprie possibilità e fare i conti con le proprie gambe che all’andata – dove ci sono i tratti più tosti dell’intero percorso – devono farsi 2400 metri di dislivello in salita.
Ecco alcune parole chiave, amate o temute, alcune ripetute come un mantra durante il cammino, che tutti i partecipanti conoscono benissimo.
Javello – è la prima grande salita che si affronta. La ‘pietraia’, il sentiero lastricato che porta alla cima del monte dove si nascondevano i partigiani è il battesimo di fuoco per i neofiti, ma anche gli esperti sono messi alla prova.
La Rasa – il mitico rifugio del Cai pratese durante Piazza a Piazza è sinonimo di “pastasciutta” ma anche di sosta. Durante il cammino non ci si ferma mai, o quasi, a riprendere fiato. Sul prato verde di fronte al “Pacini” quasi tutti si concedono almeno dieci minuti di siesta. Naturalmente dopo aver trangugiato le penne al pomodoro distribuite dall’organizzazione.
Zucca – anzi “ora c’è lo Zucca”, come tutti dicono nel riprendere il percorso dopo aver lasciato La Rasa. Con i suoi 1138 metri è la vetta più temuta del percorso. Sono quindici minuti di pura sofferenza. Mentre viene percorsa si sente ansimare e una volta giunti in cima tutti ripetono: “Il più è fatto!”.
Montepiano – Quando si vedono i tetti delle case del paese “ci si sente riavere”, come si dice dalle nostre parti. Il primo giorno è concluso. Il camminatore pensa alla doccia e al meritato riposo; qualcuno anche a curarsi le vesciche che inevitabilmente fioriscono sui piedi di vecchi e nuovi escursionisti.
Montecuccoli – Per il camminatore di Piazza a Piazza questo nome significa “ristoro”. Il primo pit stop del secondo giorno. Ci si arriva con la fame e i panini con la salsiccia finiscono in un batter d’occhio con il dispiacere degli ultimi arrivati.
Retaia – è il monte di Prato, ci si arriva da Cantagrilli e quando si intravede la croce in ferro con la città sullo sfondo incredibilmente il dolore alle gambe si affievolisce. Qui lo sosta è d’obbligo, anche solo per cinque minuti, il tempo necessario per cercare con lo sguardo la propria casa in mezzo alla piana.
Asfalto – il duro ritorno alla modernità. Camminare su strade battute e asfaltate dà l’idea che l’arrivo è vicino, che l’impresa è a un passo. Ma i ginocchi ringraziano.
Vesciche – tutti, anche i più esperti, almeno una volta hanno dovuto fare i conti con loro. Il camminatore fa la loro conoscenza a Montepiano, quando arrivato in camera si toglie, adagio, i maleodoranti calzini. Poi il dubbio amletico: le buco o non le buco?
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