E’ iniziato il conto alla rovescia per l’inizio dei lavori di raddoppio della declassata al Soccorso. Fra una decina di giorni partirà il cantiere per realizzare la prima rampa di accesso lato Nord, quella tra via del Purgatorio e via Nenni. Sarà questo il primo passo concreto per la realizzazione del viadotto del Soccorso. I lavori sono già stati assegnati ad una ditta campana che sta ripulendo l’area interessata e dovrebbero concludersi in meno di tre mesi. Entro un anno, poi, dovrebbe venire realizzata anche la seconda rampa di accesso lato Nord, quella che interesserà via dell’Autostrada e via Marx. Le altre due rampe (quelle che riguardano la parte Sud) verranno probabilmente, causa espropri di terreni ancora da effettuare, assimilate alla seconda fase del cantiere, quella che porterà alla realizzazione vera e propria del viadotto e all’allargamento della carreggiata. Dalle attuali due corsie si passerà a quattro, rialzando di circa un metro e mezzo il manto stradale rispetto al cavalcavia attuale (arrivando a 7 metri dal suolo) e avvicinandosi di 4 metri circa (su ciascun lato) alle abitazioni e agli edifici circostanti, che attualmente distano al massimo una quindicina di metri dalla declassata. I lavori in questo caso dovrebbero partire fra un annetto e concludersi dopo 18 mesi. In totale, quindi, ci vorranno circa 3 anni (mese più mese meno) per vedere l’opera realizzata nel suo complesso. Il Governo ha già stanziato parte dei soldi necessari alla realizzazione totale della struttura, assegnando 15 milioni ad Anas, che dovrebbe firmare a breve l’accordo apposito col Comune, ma che, di fatto ancora non ha trasferito i fondi nelle casse comunali. Visto che le due fasi (350 metridi viadotto e le 4 rampe), complessivamente, andranno a costare circa 24 milioni, all’appello ne mancano ancora 9. Queste le ultime novità emerse nella commissione consiliare 3 presieduta da Giancarlo Auzzi, durante la quale non sono mancate polemiche. “Si vuole accelerare a tutti i costi, a due mesi dalla fine della legislatura, in pratica impiccando un progetto e vincolando in qualche modo il futuro di una città – hanno commentato i consiglieri Pd Vannucci e Calussi, particolarmente stizziti per l’assenza dell’assessore alle grandi opere, Filippo Bernocchi – Una volta costruite le rampe non si potrà più tornare indietro. E’ un modo, di fatto, per escludere definitivamente l’interramento e fare un intervento del genere in più fasi ha poco senso. Sarebbe stato meglio far decidere alla prossima amministrazione, qualunque essa sia”. Interramento che è stato ritenuto, secondo quanto riferito da Edoardo Bardazzi, tecnico del Comune, basandosi su studi e valutazioni di enti esterni, sconveniente anche per le ultime problematiche relative all’innalzamento della falda acquifera: “Siamo nel 2014, è stato costruito il tunnel sulla Manica e a Prato noi siamo bloccati dalla falda – insiste Aurelio Donzella, consigliere Idv – Mi sembra a dir poco paradossale”. Contrariati anche i residenti e i rappresentanti del comitato del Soccorso, presenti in commissione: “Potevate almeno provare a convincerci che il viadotto era effettivamente la soluzione migliore per la città – commenta Stefani Benelli – invece avete imposto dall’alto una scelta mai condivisa da noi cittadini. E’ completamente mancato il confronto. Per noi l’interramento resta la soluzione preferita”. Alla fine, comunque, il viadotto si farà. La creazione delle rampe, però, non eliminerebbe a priori la possibilità di realizzare il raddoppio in terrapieno, un progetto sostenuto dalla Lega perché meno costoso (tra i 10 e i 12 milioni di euro) e più semplice da realizzare.
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