Dopo la tragedia di via Toscana, l’Unione industriale pratese propone l’inserimento di tutor per formare gli imprenditori cinesi alla legalità, e chiede adeguamenti normativi per non scoraggiare la denuncia dei proprietari di capannoni che si accorgono degli abusi realizzati dai conduttori orientali. Le proposte degli industriali arrivano all’indomani del Consiglio direttivo dell’Uip riunitosi ieri, in seduta straordinaria e aperta a tutti i soci.
I sentimenti prevalenti fra i soci erano un profondo cordoglio per le sette vite spezzate; ma anche tanta rabbia per le leggi e le regole minime di civiltà ignorate, per tutti quelli che fino ad oggi non hanno voluto vedere o capire fino in fondo un fenomeno molte volte denunciato.
Accanto al dolore sono emerse anche proposte per affrontare il problema dell’illegalità (di qualsiasi matrice e provenienza, indipendentemente dall’origine etnica dei titolari d’impresa) e la preoccupazione per il male che questa vicenda potrà fare al sistema economico pratese.
Dal punto di vista delle proposte si è confermata l’importanza della vigilanza e dei controlli, ma se ne è anche sottolineata l’insufficiente efficacia se non accompagnati da azioni di più ampio respiro. Far crescere la conoscenza delle regole del fare impresa in Italia appare come un percorso imprescindibile; in particolare i rappresentanti del comparto confezione e maglieria hanno evidenziato come il loro impegno nei confronti dei subfornitori cinesi abbia portato alla piena emersione di alcuni laboratori. Con queste realtà aziendali si è stabilito un rapporto continuativo di collaborazione, con piena soddisfazione propria e di committenti anche particolarmente sensibili ai temi della legalità. Corsi e aggiornamenti obbligatori e l’introduzione di figure preposte al tutoraggio potrebbero essere, a giudizio del Consiglio dell’Unione, alcuni degli strumenti da mettere in campo.
Si è parlato anche di tracciabilità e di certificazione come strumenti per valorizzare le produzioni legali e per emarginare quelle che non lo sono. Una proposta molto concreta è venuta in tema di affitti degli immobili: si renderebbero indispensabili adeguamenti normativi. Sulla scorta di esperienze vissute, si è infatti constatato che i proprietari (peraltro non necessariamente imprenditori, come talora si tende a far credere), qualora si accorgano di abusi edilizi realizzati dagli affittuari, sono fortemente disincentivati alla denuncia, poiché questa comporta il pagamento di una sanzione da parte di loro stessi e l’avvio di contenziosi spesso lunghi e costosi.
Allarme anche per l’immagine del distretto, che rischia di risultare distorta mettendo a repentaglio tutta la filiera produttiva tradizionale del nostro territorio.
“Sta uscendo un’immagine di Prato distorta” – dichiara il presidente dell’Unione Industriale Pratese Andrea Cavicchi “Un’immagine di un distretto dell’illegalità, dove non si distingue il netto confine tra le aziende serie, gestite da imprenditori che lavorano quotidianamente nella legalità e nel rispetto di tutte le leggi sulla sicurezza, e quella minoranza, anche se di dimensioni importanti, che lavora nell’illegalità, avvalendosi soprattutto di lavoratori clandestini cinesi.”
Il Consiglio ha manifestato preoccupazione per quello che sta uscendo su media e social network anche a livello internazionale. C’è il rischio che la tragedia venga strumentalizzata per colpire il Made in Italy, proprio adesso che l’Europa sta per adottare nuove regole sulla tracciabilità e trasparenza per tutti i prodotti a tutela del consumatore.
“Le grandi griffe e le catene importanti vengono sì a Prato, ma per comprare tessuti e filati sempre innovativi che esistono solo qui, oppure per avvalersi dell’opera qualificata delle confezioni italiane e cinesi regolari” – conclude Cavicchi. “Associare a cuor leggero interi comparti produttivi pratesi a fenomeni criminali è da incoscienti, da persone che giocano senza scrupoli con la vita di chi in quelle imprese investe e lavora e per tutto un territorio che ancora punta fortemente su un’industria manifatturiera”.
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