Sono in condizioni stabili, in leggero miglioramento, i due cinesi ricoverati in rianimazione all’ospedale Nuovo di Prato, scampati al rogo che ha distrutto un lotto di un capannone di via Toscana, l’azienda Teresa Moda, gestita da cinesi, e in cui sono morti carbonizzati altri sette connazionali. Lo rende noto la Asl 4 di Prato.
I due uomini, che potrebbero essere i gestori di fatto dell’attività (intestata ad una donna cinese, formalmente residente a Roma, ma di fatto irreperibile), sono arrivati all’ospedale con un’intossicazione da monossido (senza alcuna ustione) di gravità tale da creare un ”appesantimento” delle funzioni respiratorie. Uno dei due uomini è in ”significativo miglioramento”, non è più intubato e respira autonomamente. L’altro è ancora intubato ma sta migliorando. E’ stata invece dimessa ieri la moglie di uno dei due uomini, fa sapere ancora la Asl, che presentava problemi respiratori.
Intanto La Procura di Prato, che ha aperto un’inchiesta sul rogo in cui domenica scorsa nella città toscana sono morte sette persone in una fabbrica tessile di proprietà cinese, si appresta a indagare due o tre persone, ha detto oggi il procuratore capo Piero Tony.
L’indagine dei magistrati ipotizza i reati di disastro colposo, omicidio colposo plurimo, omissione dolosa di tutela e sfruttamento di manodopera clandestina. L’incendio si è sviluppato in un capannone adibito anche a dormitorio. Secondo una prima ricostruzione, le fiamme sono partite dalla cucina abusiva o da una stufa elettrica, poi hanno raggiunto velocemente i loculi e infine sono arrivate fino all’ingresso della struttura.
Secondo il procuratore capo di Prato, Piero Tony, i prossimi indagati sono cittadini cinesi, “ma non escludo che si arrivi a persone di nazionalità italiana”, ha aggiunto stamani, parlando alla trasmissione di RadioRai1 Radio Anch’io. Permane, da parte degli inquirenti, una grossa difficoltà a identificare le vittime e a capire chi fosse il gestore di fatto dell’attività. La titolare del pronto moda è una donna cinese residente a Roma, che è irreperibile e potrebbe essere un semplice prestanome.
Il procuratore Tony ha anche ricordato che in quattro anni nella città, storica capitale italiana del tessile, sono stati sequestrati 40.000 macchinari non in regola.