4 Dicembre 2013

Dalla Cina a Prato in cerca della moglie, deceduta nel rogo di via Toscana


Una speranza tristemente svanita, spazzata via dall’evidenza della tragedia: è la storia del marito di Zheng Xiu Ping, una delle due donne decedute nel rogo di via Toscana e l’ultima vittima di cui è stata mostrata la foto ieri sera alla fiaccolata di fronte alla fabbrica del Macrolotto.
“Domenica sera, erano le 20 ora cinese – racconta l’uomo, di cui non riveliamo il nome per riservare la sua privacy; nella foto lo si vede a destra, accanto a don Saverio – un conoscente mi ha telefonato dall’Italia dicendomi che era successa una tragedia nella ditta pratese in cui lavorava mia moglie. A questo punto mi sono subito mosso per partire per Prato”.
Arriva nella nostra città ieri intorno alle 14,15: ad attenderlo c’è don Francesco Saverio Wang, il cappellano della comunità cattolica cinese di Prato. Assieme a lui c’è la sorella della vittima e un altro conoscente. Da questo momento del primo pomeriggio inizia il lungo percorso per capire se una delle donne che hanno perso la vita nel rogo del Macrolotto sia veramente sua moglie. Prima all’ospedale, dove però i medici gli comunicano che in rianimazione ci sono soltanto due uomini; poi all’obitorio, dove non gli viene permesso di entrare per la mancanza dell’autorizzazione da parte delle autorità competenti.
Solo allora decide di recarsi in Questura, l’unico luogo in cui può essere ascoltato. È la seconda sezione della squadra mobile che accoglierà la sua dichiarazione.
“Mia moglie – dice ancora il marito di Zheng – non aveva ancora il permesso di soggiorno perché lo aveva richiesto a Napoli, dove aveva lasciato anche le sue impronte digitali. È nata nel 1963 ed è alta intorno al metro e sessanta. Siccome non riusciva a trovare lavoro in Cina è venuta a Prato e lavorava nella fabbrica in via Toscana che è bruciata domenica. Anche io in precedenza lavoravo in quella confezione, ma poi sono dovuto tornare in Cina”. Ed è così che si scopre che conosceva molte delle persone impiegate nella ditta “Teresa Moda”, per questo motivo ha potuto lasciare agli inquirenti molte informazioni sulla quotidianità dei lavoratori della ditta.
Dopo due ore in Questura, alle 19 si è recato, assieme a don Francesco Saverio, alla fiaccolata organizzata dalle associazioni cinesi di fronte alla fabbrica. Solo in quel momento, quel nome in ideogrammi sul cancello della fabbrica dell’orrore è diventato un volto. E tante lacrime.