Case accanto ai capannoni cinesi, la controproposta di Gestri: “Sfruttiamo i seimila appartamenti sfitti dei pratesi”


Sì a all’idea di realizzare parti abitative all’interno delle fabbriche. No a nuovo consumo di suolo e a quartieri ghetto. Oltre alla proposta di un patto con gli imprenditori cinesi per convincerli ad investire attingendo al patrimonio edilizio esistente per trovare casa ai loro operai. È in estrema sintesi il Gestri-pensiero per affrontare il problema delle fabbriche dormitorio, divenuto di drammatica attualità, dopo la tragedia di via Toscana in cui hanno perso la vita sette cittadini orientali.

“Partiamo dal presupposto che  nonostante l’impegno  delle forze dell’ordine, i controlli in questi sei anni e mezzo non hanno prodotto risultati apprezzabili perchè manca la certezza della sanzione – afferma Gestri -. Il presidente della Regione Rossi ha avuto il coraggio di aprire un dibattito e di aprire una nuova fase. Ci sono varie misure che possiamo analizzare, anche quella di poter utilizzare come residenza-dormitorio una parte delle fabbriche, soprattutto quelle di una certa dimensione, dove  sono già presenti dei locali ad uso ufficio, senza alterare troppo il territorio. Sono invece contrario alla costruzione di nuove case destinate ai cinesi, che porterebbero alla creazione di un ghetto e a nuovo consumo di territorio. Bisogna studiare la possibilità di utilizzare il patrimonio edilizio esistente. Almeno in parte, le 6 mila le case sfitte a Prato  potrebbero essere oggetto di un accordo con gli investitori cinesi le aziende cinesi che intendono mettersi in regola. In caso di affitto ai cinesi, gli enti locali potrebbero fare da garanti: penso ad una forma di controllo, con ispezioni periodiche volte a verificare se ci sono alterazioni di vario genere o modifiche strutturali all’edificio, in modo da garantire che il proprietario dell’immobile non si ritrovi un appartamento distrutto”.

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