A poco più di due anni dalla prima assoluta, ritorna al Fabbricone di Prato, da venerdi a 15 a domenica 24 novembre lo spettacolo Giochi di famiglia, primo allestimento firmato da Paolo Magelli in qualità di direttore dello Stabile toscano e interpretato dalla sua compagnia di attori.
Autrice del testo, la giovane scrittrice serba Biljana Srbljanovic, che qui racconta le crudeltà viste e patite durante la guerra nell’ex Jugoslavia, ponendo al centro della propria osservazione poetica i bambini a cui la violenza ha rubato l’infanzia.
Un paesaggio dopo la catastrofe. O forse prima. Una terra di nessuno, abbandonata, ai margini della città. Tracce di degrado e degrado di esistenze. Abbandono urbano e decomposizione sociale. Una baracca, un enorme cartellone pubblicitario, l’asfalto divelto, i resti di quello che forse fu un giardinetto per bambini di una qualche periferia metropolitana, primo secondo terzo mondo non importa. È qui che Paolo Magelli, regista e traduttore del testo di Biljana Srbljanovic, ambienta il suo lavoro. E colpisce questo Fabbricone ‘rovesciato’ rispetto alla normale prospettiva scenica, la gradinata inghiottita da pulsioni idrauliche e riposta nella sua tana/custodia, il campo aperto, un Fabbricone restituito alla sua vocazione originaria e alla sua storia, spazio mobile e duttile per eccellenza, alterabile, ludico, terremotato. “Occupare così il Fabbricone – ci dice Magelli – significa anche ‘occupare’ un altro tassello della mia ricerca teatrale e del mio itinerario artistico che proprio da qui, da questa città se non da queste mura, è partito tanti anni fa”.
“Giochi di Famiglia – scrive Paolo Magelli – ha luogo nella periferia degradata di una qualsiasi città europea e racconta di quattro bambini soli che giocano a fare gli adulti, ed è proprio aderendo alla cattiveria del mondo che ci circonda che questi bambini ci offriranno la possibilità di guardarci dentro l’anima oltrechè d’incontrarci con la brutalità che ognuno di noi nasconde dentro di sè.
Il testo della Srbljanovic rappresenta l’occasione per parlare della famiglia in una civiltà come la nostra che ha il culto della famiglia e di parlarne in modo spietato. Questi bambini parlano di genitori che in realtà non ci sono mai. Siamo noi grandi i grandi assenti. Questa famiglia che non c’è crea un modello non solo criticabile ma anche attaccabile. E il bambino alla fine di ogni scena uccide sempre i genitori e sempre in modo diverso. C’è della creatività disarmante, dispettosa ma soprattutto disperata e disperante. È un testo pieno di interrogativi: quali sono i discorsi che dovrebbero essere eliminati dalla nostra società? Perché creiamo un esercito di ragazzi preparati ad abbassare la testa di fronte alle difficoltà invece di allevarli a una fierezza platonica? Perché il mondo non cambia?
Un testo che crea discussione, disagio e un dolore sorridente, che ti lascia un punto di domanda nella mente e nello stomaco. Ma è anche un testo difficile e complesso da ‘rendere e restituire’ sulla scena. Perché i bambini mettono tutto dentro la loro memoria e a tratti invecchiano o ringiovaniscono e occasionalmente cambiano anche sesso. E c’è un lavoro sugli attori che vuole essere la differenza e che proprio con la creazione della compagnia stabile vogliamo sviluppare nel tempo come un impegno non solo estetico”.
Orari spettacoli: feriali ore 21; festivi ore 16. Lunedì 18 novembre riposo
prezzi: da 17 a 7 euro.