PRATO GLOBALE/I beni di qualità creano benessere, i prodotti a basso costo povertà: il modello poco virtuoso della delocalizzazione
Delocalizzazione, sembra che sia diventato un termine molto in voga negli ultimi decenni, senza però capirne fino in fondo il vero significato e le vere conseguenze.
Le conseguenze in vero le stiamo subendo, ma ancora non le abbiamo comprese fino in fondo.
Solitamente la delocalizzazione era vista come strumento per accrescere il livello di vendite, mantenendo spesso invariata la capacità produttiva nel paese di origine, in quanto veniva trasferita parte della produzione in un paese terzo, che risultava particolarmente attraente per la vendita diretta dei beni prodotti. La delocalizzazione che invece abbiamo subito, prevede il mero trasferimento della produzione in aree destinate solo alla produzione ma non alla vendita, comportando una serie di danni difficilmente compensabili, sia nel paese di origine che in quello di produzione.
La prima conseguenza di ciò è l’aumento della disoccupazione nel paese di origine dell’impresa, nel caso in cui non vi siano strutture capaci di riallocare la mano d’opera in eccesso in altri settori.
La seconda conseguenza discende dalla prima. La crescente disoccupazione ha generato nel tempo una riduzione della capacità di spesa delle famiglie, che sono state costrette a consumare prodotti sempre più selezionati e spesso a minor costo e pertanto anche di minor qualità.
La terza conseguenza riguarda i mercati occidentali che sono stati invasi da beni di basso valore, obbligando la popolazione residente a comprare beni in misura sempre maggiore, a causa della loro facile deperibilità e sottraendo una buona parte del reddito all’acquisto di beni di migliore qualità, sebbene più cari, che però possono essere prodotti all’interno dei confini nazionali.
Occorre pertanto evidenziare come la produzione di beni a basso costo arricchisce solo pochissime persone e ne impoverisce una grande moltitudine. La strada per la ripresa passa non dalla competizione sul prezzo, dove tutti saranno perdenti, ma dalla competizione sulla capacità di creare prodotti di qualità che permettano una corretta valorizzazione delle professionalità presenti nelle aree industriali nazionali.
Pertanto il sistema industriale pratese dovrebbe basare la propria crescita sulla creazione di prodotti di qualità che consentano l’ individuazione di una nicchia di mercato, storicamente esistente in ogni situazione di crisi, che garantisca una domanda di beni costante.
Per fare questo è necessario uscire dai consolidati schemi produttivi e distributivi ed aprirsi a nuove prospettive, che prevedano il rafforzamento di collaborazioni interaziendali e distributive. Un esempio potrebbe essere la creazione di una struttura centralizzata per l’acquisto di materie prime, che si ponga come referente sul mercato per acquistare quantitativi maggiori di beni, ottenendo prezzi migliori di quanto non ottenibili da ciascun singolo produttore.
Occorre uscire dalle visioni individualistiche ed iniziare ad operare sui mercati in maniera coesa con strutture in grado di poter promuovere sui mercati prodotti di qualità, che rafforzino e valorizzino il sistema produttivo distrettuale.