«Riappropriatevi di Prato, il cui nome è un brand, un valore conosciuto in tutto il mondo». Nella giornata dedicata alle aziende virtuose che si sono contraddistinte per la tenuta del lavoro e che fanno della pratesità un marchio di fabbrica, l’invito del prof. Riccardo Varaldo, ospite d’onore della cerimonia di consegna dello Stefanino d’Oro, è sferzante: «Avete trascurato il settore delle confezioni e lo avete lasciato ad appannaggio di altri che sono venuti a farlo in casa vostra».
Il noto economista, presidente della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha aperto la cerimonia con una prolusione. Numeri alla mano il professore prima è partito da un’analisi internazionale dell’attuale situazione economica, «nella quale l’andamento dell’economia italiana è deludente per via di una bassa crescita reale e dell’elevata incidenza del debito pubblico sul Pil», poi ha concentrato la sua riflessione sul distretto tessile di fronte alla crisi. «Guardando i dati sulle esportazioni risulta che Prato è il primo distretto tessile in Italia con un valore che nel 2010 è stato pari a 1.406 milioni di euro. Le esportazioni pratesi – ha osservato Varaldo – sono cresciute del 16,3% superando Biella (+16,1%) e di gran lunga gli altri distretti».
Nel quadriennio della crisi, tra 2007 e 2011, Prato ha subito un calo contenuto delle esportazioni, solo lo 0,1% in meno. Il professore ha evidenziato come tra quattro comparti produttivi, tessuti, filati in lana, maglieria e abbigliamento, quest’ultimo abbia segnato una performance eccezionale, registrando tra il 2007-2011, un più 106,4%. Tessuti in lana sono calati del 30%. «Ciò conferma che con la crisi si è accentuato il trend di diversificazione produttiva del distretto pratese – ha commentato Varaldo – questo si riconnette ad una possibile caduta di competitività non in termini di prodotto ma di business model». Per l’economista «la difficoltà di posizionamento produttivo competitivo a valle nelle confezioni e nell’abbigliamento limita le prospettive del ramo tessile». Risulta così, analizzando i dati di bilancio delle aziende del distretto pratese, che «ben 417 imprese su 632, pari al 66% sono in situazioni di squilibrio economico e finanziario. È plausibile – spiega il professore – che si tratti di imprese che non hanno potuto riattrezzarsi per fronteggiare la crisi con una maggiore capacità di penetrazione sui mercati, specie in quelli extra-europei». Varaldo non dà ricette ma sottolinea come occorrano «interventi di innovazione a livello organizzativo e produttivo per ridurre i costi ed eliminare sprechi e inefficienze; con politiche di upgrading dei prodotti e dei servizi offerti alla clientela».