26 Settembre 2011

Mons.Francioni, 55 anni al servizio della Chiesa
di Prato


Oggi alle 14 la salma di mons. Eligio Francioni è stata esposta nella cattedrale di Prato. Tanti i pratesi che si stanno recando a rendere omaggio al Vicario generale della Diocesi di Prato. Ripercorriamo le tappe della sua vita e della sua missione.
Mons. Eligio Francioni nacque a Javello di Montemurlo – attualmente provincia di Prato e diocesi di Pistoia – il 5 settembre 1931, da una numerosa famiglia di contadini che da pochi anni si erano trasferiti dalla campagna di Calenzano.
Cresciuto accanto al grande parroco montemurlese mons. Paolino Contardi, a 13 anni entrò nel Seminario di Pistoia. A 17 anni decise però di uscire dal cammino di preparazione al sacerdozio. «Salvò – ebbe a dire don Eligio qualche anno fa in un’intervista – la mia vocazione un frate buono e sapiente di Galceti, padre Malachia Massai». La famiglia Francioni, infatti, da poco si era trasferita ai piedi del Monteferrato, non lontano da Montemurlo ma nel Comune e nella Diocesi di Prato”. Ad un’età insolita per rientrare in Seminario, per quell’epoca, fu accolto dal Seminario di Arezzo. Eligio Francioni sarebbe diventato sacerdote aretino, dunque, se mons. Pietro Fiordelli, da poco Vescovo a Prato, saputo di questo seminarista dalla famiglia ormai pratese, non avesse chiesto e ottenuto dal Vescovo di Arezzo che il giovane chierico venisse a Prato. Qui fu dunque ordinato sacerdote il 29 giugno 1956.
Fiordelli lo tenne con sé alcuni mesi con segretario. Alla fine di novembre di quello stesso anno lo nominò – lui che erano sacerdote ancora «fresco» di ordinazione – prima «economo spirituale» e, un anno dopo, pievano di San Pietro a Iolo, una delle parrocchie più grandi della Diocesi. Qui don Eligio fu parroco davvero tra la gente, padre e amico di tutti, indipendentemente dalle idee politiche che in quegli anni riscaldavano gli animi. Tra le tante opere da lui volute, si ricorda il restauro dell’antica pieve e della canonica, la costruzione dei locali parrocchiali con il cinema, allora frequentatissimo, la scuola popolare.
Negli anni della «Pasqua in fabbrica» – una delle iniziative più rilevanti volute da mons. Fiordelli – fu cappellano del lavoro. Nel 1975 don Francioni diventa direttore dell’Ufficio pastorale diocesano. Poi, nel 1977, alla nomina del Vicario generale mons. Simone Scatizzi a Vescovo di Fiesole, fu chiamato da mons. Fiordelli a ricoprire quell’incarico rimasto vacante. Lo avrebbe tenuto – per due Vescovi – fino alla morte. Furono gli anni dell’attuazione del Concilio Vaticano II in Diocesi, della pastorale del lavoro e dei tanti immigrati giunti da ogni parte d’Italia, del consolidamento delle strutture e dei servizi della Diocesi (che solo nel 1954 ebbe un Vescovo residenziale), poi del Sinodo diocesano e, infine, dello storico cambio di guardia in Diocesi, con l’arrivo nel 1992 di mons. Gastone Simoni.
Confermato da quest’ultimo suo primo collaboratore, ha lavorato instancabilmente per attuare lo slancio missionario impresso dal nuovo Vescovo e per portare la Chiesa di Prato nei nuovi scenari sociali, delineati soprattutto dai mutamenti economici del distretto tessile e dall’arrivo di decine di migliaia di immigrati stranieri.
L’incarico di Vicario generale, lo ha portato a farsi presente in tutte le realtà della città e del più vasto territorio diocesano, vero «volto» della Diocesi nelle innumerevoli iniziative civili, culturali, di volontariato che hanno costellato per 34 anni la storia di questo territorio. Fautore del dialogo e della collaborazione tra tutte le istituzioni cittadine, se ne è fatto lui stesso promotore senza sosta, contribuendo in modo spesso silenzioso ma efficacissimo alla costruzione continua di quel tessuto coeso che ha caratterizzato a lungo la società pratese e che, nonostante tutte le difficoltà, ha permesso di metabolizzare in gran parte i poderosi cambiamenti sociali degli ultimi decenni.
Innamorato di Prato, dei suoi tesori e della sua storia, è stato il primo e convinto fautore del restauro del patrimonio artistico e culturale della Chiesa di Prato, attualmente tra i meglio conservati non solo in Toscana. Ad un luogo  cardine della storia e della religiosità pratese è stato particolarmente legato, il Monastero di San Vincenzo, di cui è stato padre spirituale e della cui annessa basilica – dove si conserva il corpo di Santa Caterina de’ Ricci – è stato per tanti anni rettore.

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