Giovane detenuto si impicca in cella, le carceri che scoppiano
Un detenuto di 22 anni, M.A., di origini siciliane, si è tolto la vita impiccandosi nella propria cella del carcere di Prato. Il suicidio è stato scoperto questo pomeriggio, attorno alle 16. A darne notizia, il sindacato Uil Pa Penitenziari precisando che l’episodio è avvenuto poche ore dopo un altro suicidio in carcere, a Sulmona, in Abruzzo. “Chi ha competenze politiche e amministrative – ha affermato in una nota il segretario generale di Uil Pa penitenziari, Eugenio Sarno – potrà anche continuare a perpetrare un ostinato quanto offensivo silenzio e negare risposte a chi pone la questione penitenziaria in termini crudi e nudi. Ma non potrà sottrarsi dall’affrontare la tragica realtà delle morti in cella”.
“Il personale – testimonia il sindacalista – è solo e abbandonato. Un solo agente preposto alla sorveglianza di decine, centinaia di detenuti è naturalmente impedito a prevenire morte e violenza dovendo badare soprattutto alla propria incolumità. Pertanto – conclude Sarno – è da irresponsabili pensare di poter attivare, come si vuole fare a Prato, nuove sezioni senza assegnare alcuna unità di polizia penitenziaria aggiuntiva”.
Appena un mese fa, durante la presentazione di un progetto coordinato dalla Provincia per l’inserimento lavorativo dei detenuti, era arrivato l’ultimo grido d’allarme da parte degli addetti ai lavori. Il direttore del carcere della Dogaia Vincenzo Tedeschi aveva ammesso “Purtroppo c’è una doppia criticità: da una parte la grave carenza di personale – oltre il 33% -, dall’altra la situazione di sovraffollamento, con 700 detenuti a fronte di una capienza regolamentre di 465. Questo da la dimensione delle difficoltà quotidiane”.
Il sovraffollamento delle carceri è un problema che riguarda tutta la Toscana: un mese fa i detenuti erano 4592 contro i 3186 previsti dalla capienza regolamentare e all’appello mancano 800 agenti di polizia penitenziaria.