Sono ben 11 le notizie di reato per caporalato e sfruttamento del lavoro giunte alla Procura di Prato nel 2018, di cui 4 scaturite da segnalazioni pervenute allo sportello immigrazione del Comune dal maggio scorso, quando – per contrastare il fenomeno – è stato siglato un protocollo di intesa congiunto. In tutto sono una trentina i casi sospetti arrivati all’attenzione del Comune, quasi tutti aventi ad oggetto confezioni cinesi. Casi che tramite il vaglio della Procura possono portare anche ad altre contestazioni, come ad esempio l’impiego di manodopera clandestina. Degli strumenti di tutela per le vittime, si è parlato stamani in un convegno al museo Pecci in occasione della XII giornata europea contro la tratta di esseri umani. Al centro del confronto il nuovo articolo 603 bis del codice penale introdotto nell’ottobre 2016 con la legge 199, che ha riscritto il reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”, ampliando la tutela delle vittime e migliorando la qualità degli strumenti repressivi a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Oggi il nuovo autore del reato di caporalato è il datore di lavoro che ponga in essere una condotta di sfruttamento del lavoratore, e non più soltanto l’intermediario. La nuova legge, a Prato, potrebbe aiutare a sconfiggere la piaga dello sfruttamento del lavoro all’interno del distretto cinese, dove il fenomeno sta venendo alla luce soprattutto grazie alle testimonianze di operai sfruttati di altre etnie e richiedenti asilo. Nel suo intervento, il procuratore Giuseppe Nicolosi ha sottolineato che la “collaborazione dello sfruttato è basilare per costruire indagini e processi che abbiano un reale fondamento”, e ha ammesso che “il nuovo articolo 603 bis ha potenzialità dirompenti che ancora non siamo stati capaci di mettere a frutto”. Qualcosa, però sta cambiando, grazie alle “sentinelle” messe in campo dal protocollo tra Comune e Procura. “Le forze dell’ordine, in casi come questi, non sono destinatarie delle prime notizie di reato – ha affermato il sostituto procuratore Lorenzo Gestri -. Le vittime, ad esempio i richiedenti asilo, preferiscono piuttosto rivolgersi all’operatore di una cooperativa che segue l’accoglienza. Ecco perchè è importante aver messo in campo questo protocollo”.
Ma cosa prevede il nuovo reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”? Pene molto più severe: reclusione da 1 a 6 anni, e dunque, per gli inquirenti anche possibilità di attivare le intercettazioni durante le indagini. Come detto, risponde direttamente del reato anche il datore di lavoro che impieghi manodopera in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno del lavoratore, anche in assenza di violenza o minaccia. Quest’ultima circostanza, che nella vecchia legge era elemento costituivo del reato, adesso è un’aggravante che alza la pena prevista, da 5 fino a 8 anni.
Cosa si intende per sfruttamento lavorativo? Il nuovo articolo 603 bis spiega anche questo: costituisce indice di sfruttamento, la sussistenza di una o più condizioni, quali retribuzioni molto al di sotto dei limiti contrattuali o sproporzionate rispetto alla mole e al tipo di lavoro, violazioni reiterate riguardo orari di lavoro, riposo e ferie oppure delle norme di sicurezza e igiene, o sottoporre il lavoratore a condizioni di lavoro, sorveglianza o situazioni alloggiative degradanti.
Sono inoltre previsti l’arresto obbligatorio, la possibilità di confisca dei beni che sono serviti per la commissione dei reati e i proventi da esso derivanti; la possibilità di applicare la responsabilità degli enti, chiamando in causa le aziende e l’eventuale confisca dei beni per sproporzione rispetto ai redditi dichiarati. Meccanismi premiali sono previsti per gli autori dei reati che collaborano con la giustizia e per le vittime che decidono di uscire allo scoperto, i quali possono ottenere permessi di soggiorno per protezione sociale.
E se il procuratore Giuseppe Nicolosi ha ricordato che “le nuove norme sono state criticate da alcuni giuristi perchè la ratio legis sembrerebbe dilatare in maniera molto estesa il campo della repressione penale”, il sostituto procuratore Lorenzo Gestri ha sottolineato che tutta la norma è pensata per “contrastare una condotta abituale e non per casi singoli”.
«Stiamo finalmente raccogliendo i frutti della riforma legislativa del 2016 realizzata dal Governo, che ha colmato diverse lacune e ci ha fatto fare molti passi in avanti, e dell’apertura dello Sportello dedicato presso l’assessorato alle Politiche per l’Immigrazione in accordo con la Procura – ha detto il sindaco Matteo Biffoni – Di grande importanza anche il lavoro svolto in questi anni dalla Polizia Municipale, dalle Forze dell’Ordine e dal Nucleo di controllo regionale con le verifiche nelle aziende per ripristinare un livello di civiltà nei luoghi di lavoro e la diffusione della cultura della legalità». «Con il nuovo testo dell’articolo 603 bis del Codice Penale, in seguito alla Legge 199/20126, l’ordinamento legislativo ci ha dato gli strumenti giuridici per combattere il fenomeno dello sfruttamento lavorativo sul territorio – ha aggiunto il vicesindaco ed assessore alle Politiche per l’Immigrazione Simone Faggi – L’Amministrazione comunale ha fatto tanto su questo fronte e in collaborazione con le altre istituzioni siamo pronti a fare ancora di più e ad essere ancora più incisivi per combattere questo fenomeno».