29 Giugno 2016

Popolare di Vicenza, nessuna denuncia penale da Consiag e Fondazione: azioni civili per recuperare 31 milioni


Al momento nessuna denuncia penale contro la Banca Popolare di Vicenza è stata presentata alla Procura da parte di Fondazione Cassa di Risparmio e Consiag, i due principali azionisti pratesi, che con l’azzeramento delle quote della Popolare, hanno perso rispettivamente 22 milioni e 9,4 milioni di euro. Entrambi i soggetti stanno portando avanti la strada del confronto sul piano civilistico con la Banca. Consiag, su mandato dei comuni soci, si è rivolta ad uno studio legale specializzato in ambito bancario per rivalersi sul piano civile. L’amministratore unico Luciano Baggiani ha fatto sapere che all’atto di ogni sottoscrizione di azioni, la società ha ricevuto dalla Banca una garanzia scritta di impegno al riacquisto delle quote alla stessa cifra. E proprio sul valore legale di questo tipo di atti, si giocherà la controversia, a partire dal tentativo di conciliazione obbligatoria disposto dal Tribunale il 1 luglio.

“Il nostro obbiettivo – afferma Baggiani – è recuperare interamente la somma perduta e qualora non ci sia una transazione soddisfacente, porteremo avanti tutte le iniziative necessarie in prima in ambito civile nei confronti della Banca, e successivamente in ambito penale nei confronti degli ex amministratori”.
Diverso il caso della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato che non ha mai aderito agli aumenti di capitale sociale della Banca, ma ne è diventata il principale azionista del distretto fin dall’incorporazione della vecchia Cassa di Risparmio da parte di Vicenza.

La presidente Fabia Romagnoli aveva trovato un accordo – sancito da alcune comunicazioni via e-mail – per alleggerire l’investimento tramite riacquisto progressivo delle quote da parte della Banca. Una procedura che per legge, vista la natura giuridica della Fondazione, doveva ottenere il via libera del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Quando l’autorizzazione a cedere il pacchetto azionario è arrivata, a gennaio 2015, il fondo bancario di riacquisto delle quote iniziò ad essere congelato per effetto dell’ispezione della Bce. Adesso la Fondazione ha acquisito un parere legale e sta decidendo a chi conferire il mandato per tutelare i propri interessi in sede civile.

Intanto l’inchiesta della Procura procede su due filoni: da una parte l’ipotesi di estorsione ai danni di imprenditori costretti ad acquistare azioni della Banca in cambio della concessione o del mantenimento dei fidi. Dall’altra l’ipotesi di reato di truffa, che è procedibile a querela di parte, per chi ritiene di non essere stato messo al corrente del profilo di rischio connesso all’operazione di acquisto delle azioni: sono soltanto una decina i pratesi che hanno fatto denuncia penale.